L’articolo è stato pubblicato nella rivista “l’autonomia“, n. 9, del 17.4.2007

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Non insisterei tanto sul tema energetico, se non leggessi ogni giorno interpretazioni e diagnosi contrastanti, che impediscono la formazione di una coscienza collettiva, con il risultato che, alla fine, non si crede più a nessuno. Le certezze sono però su due punti:

 

· le scorte di petrolio non sono infinite;

· l’ambiente è oppresso da una cappa di anidride carbonica, al punto che si è pensato di catturarla e seppellirla. L’idea sembra buona e già esistono negli States impianti pilota, ma le certezze della loro tenuta e, soprattutto, della sostenibilità economica sono ancora lontane.

I due punti sembrano antinomici: se il petrolio finisce, l’ambiente migliora, ma si tratta di un caso di terapia naturale d’urto, una medicina che, guarendo, uccide! Se questo è il risultato, tanto vale morire asfissiati.

Il quadro è sconfortante, persino più di come lo dipinsero quei pessimisti uccelli del malaugurio del Club di Roma di Aurelio Peccei, che terrorizzarono il mondo negli anni Settanta con previsioni apocalittiche, fortunatamente non avverate sino a oggi, ma nemmeno cancellate.

Noi, seppur navigatori di piccolo cabotaggio, proviamo a fare il punto:

· l’uomo, piaccia o no ai nemici dell’evoluzionismo, si è differenziato dagli altri animali, scimmie comprese, perché intuì la differenza tra causa ed effetto. L’effetto era il freddo e l’unico modo di combatterlo era la conversione di una fonte in potere calorico. Da qui il fuoco, la grande scoperta dell’uomo, ben più importante di quella della ruota e comunque anteriore. Il primo convertitore calorico fu la legna, che aveva anche un pregio condizionante: costava poco, solo la fatica di raccogliere quella secca, che la foresta forniva per potatura naturale. Dio, che l’abbia creato ex nihilo o per evoluzione, ha dato all’uomo un dono vincente: l’utilitarismo, da cui deriva l’analisi “costi-benefici”, spacciata dagli economisti come una loro invenzione, mentre è una mera applicazione del principio naturale “causa-effetto”. La regola è molto semplice: i ricavi devono essere superiori ai costi, perché se il conto economico non salda in utile, chiudi bottega e San Francesco e Madre Teresa di Calcutta nemmeno servono nell’economia della Provvidenza! E con il welfare ti fai vento, perché alla fine presenta il conto della sua insostenibilità e della deresponsabilizzazione di gran parte dei beneficiari. Non se ne auspica l’abolizione, ma un impiego oculato, che non abbia il solo fine di riempire di voti le urne dei seggi elettorali.

· Non si spiega la rivoluzione industriale degli ultimi tre secoli senza i convertitori calorici alla irrinunciabile condizione che siano a basso prezzo. In un primo tempo fu il carbone, poi le scoperte del petrolio e del metano a prezzi ancora più competitivi. La crescita dell’economia mondiale non si spiega fuori da questo asse: convertitore calorico (energia) e suo basso prezzo. Tutto si muove intorno al convertitore e poiché il più conveniente è il petrolio, tutto si muove intorno al pozzo petrolifero e chi lo possiede ha in pugno il mondo, anche perché la massa dei consumi continua a crescere proprio intorno al giacimento dell’oro nero e al suo prezzo. Basta un ritocco di una manciata di dollari al barile e l’economia mondiale va il tilt. Ma il processo non si ferma qui. Trattandosi di convertitori fossili, che bruciando combinano ossigeno e carbonio, l’uomo ha messo un mantello di anidride carbonica intorno alla terra, rompendo un equilibrio naturale, con rischio di collasso atmosferico.

· Con irresponsabile ritardo si fa strada l’idea che qualcosa deve essere fatto con urgenza, ma le soluzioni sin qui proposte sono sbagliate o illusoriamente inadeguate. I protocolli tipo Kyoto e gli incontri al Forum di Davos non servono a nulla, se tutto il mondo non è d’accordo. Ma come si fa a mettere d’accordo tutto il mondo? Semplicemente impossibile! Non serve il bando del nucleare in Italia, se a pochi chilometri dai confini: francese, svizzero e austriaco, esistono un qualche centinaio di centrali atomiche! Non serve rottamare milioni di autovetture, se poi vengono vendute ai paesi del nord Africa, che ci rimandano gli scarichi con l’aggiunta di sabbie sahariane. La soluzione è all’origine: bisogna cambiare il convertitore calorico in altro alternativo e a basso prezzo, perché a prezzo alto tutto è possibile: auto elettriche o a idrogeno; pannelli solari, che, tra l’altro basta una grandinata puntuale ogni anno per renderli inservibili; centrali eoliche, che se Eolo va in vacanza, sembrano cimiteri di guerra; centraline idroelettriche senza invaso e dipendenti da piogge erratiche; centrali idroelettriche con invaso alimentate da ghiacciai in via di estinzione. Bisogna esseri seri e non illudere la gente con soluzioni che non risolvono il problema. Il Nobel Carlo Rubbia, in un’intervista al Corriere della Sera nel gennaio scorso è stato laconico e chiaro: «Lasciamo perdere energia eolica e tecnologia fotovoltaica: esse resteranno sempre marginali». Anche Davide Tatarelli di Nomisma, consigliere di Prodi, è stato altrettanto esplicito: «Non bisogna illudere la gente che ci siano alternative ai combustibili fossili che non siano il nucleare, anche se in Italia il nucleare è impossibile». Allora, chimici e biotecnologi propongono di usare etanolo derivato da coltivazioni agricole, soprattutto da mais.

· Su quest’ultima soluzione abbiamo letto ultimamente la drammatica situazione del Messico, che vive di focacce di mais, ma il cui prezzo è talmente lievitato a causa dell’incremento della domanda statunitense per la produzione di biocarburanti che le tortillas stanno diventando un bene quasi di lusso. Risultato: i messicani non solo resteranno a piedi con le automobili, ma anche a secco di carboidrati, cioè a dieta totale.

· Ma supponiamo di ignorare i problemi dei messicani e concentriamoci su una conversione delle produzioni agricole nostrane. Basta frumento, niente erbai, solo mais. Bene! Ma per coltivare il mais, tra l’altro in grandi quantità per il basso coefficiente di conversione in etanolo, ci vuole irrigazione costante, mentre le piogge si fanno sempre più scarse proprio nelle aree che meglio si prestano a tali coltivazioni, che, si ripete fino alla noia, devono essere a basso prezzo, cioè ad alto rendimento per ettaro. Quindi, niente quarantino per insufficienza di resa e buono solo per “polenta e osei”, niente mais da Ogm, perché i verdi non lo vogliono. Niente di niente, così si riequilibra l’ambiente e alla fine tanti bei cimiteri con croci verdi!

L’analisi si è fatta deprimente. Rallegriamoci con una storiella, come a novembre per la contraddittoria fiera dei morti. Un cronista televisivo, banana in mano e pappagallo in spalla, intervista tre automobilisti:

Scusi, lei che carburante usa? Benzina verde smeraldo.

Lei?: gasolio lavato con sapone Marsiglia.

Lei?: io vado a polenta di mais.

Bravo! Lei ha vinto un’allodola di panno made in China, ma attento a cucinarla…non tiene la cottura.

 

Pietro Bonazza