Distruzioni, morti, macerie provocate con inaudita efferatezza da terroristi musulmani a New York, hanno alimentato proporzionali fiumi di inchiostro e parole sulle inevitabili ricadute sull’economia. C’è il rischio che alcune verità fondamentali restino in ombra, soprattutto perché hanno assunto importanza quasi esclusiva le curve in caduta libera dei listini di borsa, con il rischio di lasciare in ombra altri aspetti. Mi limito a una numerazione non sistematica.
– L’economia è una disciplina applicata all’uomo, non alle cose. Penso resti tuttora valida la sua classificazione nelle scienze dello spirito, in contrapposizione a quelle della natura, secondo la teoria insegnata da Dilthey già verso la fine dell’800. Ne consegue che l’atteggiamento dell’homo oeconomicus, che non si presta alle matematizzazioni da laboratorio, resta il punto fondamentale. L’homo oeconomicus non è una figurazione astratta o virtuale; è l’uomo che è in tutti noi, con gli alti e bassi di origine psicologica; con umori, odi, innamoramenti, reazioni; con pessimismi e ottimismi, che il divenire ogni giorno alimenta. L’economista che prescinde dall’antropologia difficilmente riuscirà a interpretare i fenomeni economici, che sono più complessi di equazioni, curve, diagrammi, ormai dilaganti su tutti i manuali, causa di presunzione di sapere più che di conoscenza vera.
– L’economia europea non sarà mai una locomotiva, finché l’Europa non sarà uno stato in senso politico. La moneta, ormai ridotta a modulo di computo, rappresenta valori economici, ma non li determina. In altre parole: gli europei si faranno vento con i biglietti di euro, ma non sopiranno le loro discordie. Gli Stati Uniti si sono trovati di fronte a un fatto di dimensioni impreviste, seppur prevedibili, ma nessun governatore di stato federale si è sognato di dissentire da una politica comune. Nemmeno l’opposizione nel Parlamento di Washington ha voluto distinguersi, perché nel momento della tragedia, che non è solo americana, ma è occidentale e, quindi, anche europea, gli americani si sono sentiti senza tante stelle sulla bandiera, ma con una sola grande stella. Gli europei, invece, fanno mille distinguo. Pare che non abbiano nemmeno capito che se l’economia tedesca segna il passo, ciò accade da quando quella statunitense ha smesso di crescere in modo accelerato. Per dire il grado di indipendenza che ha l’Europa.
– L’economia statunitense non era in declino, prima del fatidico 11 settembre, ma aveva solo ridotto la velocità. I mercati avevano interpretato la flessione come una caduta, che è altra cosa. Le borse, al seguito, ma sempre più nervose e meno riflessive, si erano lasciate prendere la mano. Dopo la tragedia delle due torri, il panico si è diffuso. Ne traiamo l’insegnamento che le borse, pur indispensabili alla vita economica, sono sempre meno adatte a interpretare l’economia. Sarebbe come se le sale corse rappresentassero tutto il mondo equino. Tornese, Ribot, Varenne esplodono perché uno stallone e una giumenta si congiungono nel momento giusto e non perché gli allibratori fanno giochi puliti o sporchi, intelligenti o stupidi. D’altra parte se le borse sapessero interpretare il medio-lungo periodo, ora dovrebbero avviare un trend di crescita, perché l’economia statunitense non potrà non riprendersi più forte di prima, come sempre dopo ogni guerra, vinta o persa. Gli Stati Uniti sono condannati a essere i guardiani del mondo e, quindi, per volere di tutti, musulmani moderati compresi, saranno costretti a stabilire un nuovo ordine mondiale, perché il terrorismo è solo disperazione e, quindi, destinato alla sconfitta. I veri suicidi non sono quei pazzi, che hanno fatto schiantare gli aerei sui palazzi dell’economia mondiale, ma quelli che li hanno mandati, senza rendersi conto delle ricadute proprio sui paesi musulmani.
– Il 31 agosto 2001 Greenspan, che parla con franchezza e di economia mastica più di tanti guru e accademici, è intervenuto a un convegno nel Wyoming e, tra le varie lucide analisi esposte, ha messo in evidenza che negli ultimi cinquant’anni gli americani hanno destinato al consumo il 90% del reddito, e ha rilevato come può influire sui consumi il livello del patrimonio personale, con quanto ne consegue sull’andamento dell’economia. Ora, dobbiamo ricordarci che nel reddito ci sono anche i guadagni di capitale e in questo le valutazioni della borsa. In una economia turbocapitalistica, dove tutto finisce in borsa, le altalene sono molto pericolose sui risparmiatori, che sono pur sempre le famiglie che decidono i consumi. Gli economisti parlano di “effetto ricchezza” e di “effetto reddito”. È ovvio che ciò che è successo in America avrà una ricaduta negativa sui consumi, così confermando la validità della prima osservazione di questa sequenza. Questo è il vero grande problema: le reazioni dei consumatori, nel complesso dei loro piani di consumo, non solo per i viaggi aerei, anche se nell’economia americana hanno un peso importante.
Se l’America va, il mondo va. I capi musulmani, arabi e non, lo sanno. I loro barili di petrolio sono dollari, non dinari libici o rial sauditi e nemmeno euro. Se la montagna non va a Maometto, Maometto va alla montagna. Che la montagna sia il biglietto verde?
Articolo pubblicato su “ItaliaOggi” del 27 settembre 2001, pag. 1.