Associazione italiana Dottori Commercialisti

COMMISSIONE NORME DI COMPORTAMENTO E DI COMUNE INTERPRETAZIONE IN MATERIA TRIBUTARIA

I componenti

Nicola Cavalluzzo (Presidente), Mario Bono, Giulio Boselli, Paolo Centore, Nino Clerici, 1 Annalisa Donesana, Giuseppe Holzmiller, Silvio Necchi, Antonio Ortolani, Paolo Pensotti Bruni, Marco Peverelli, Marco Piazza, Stefano Poggi Longostrevi (Vicepresidente), Daniela Prandina, Paolo Troiano, Paolo Vayno, Francesco Gerla (Segretario)

Gli esperti

 

Alberto Arrigoni, Giuseppe Bernoni, Pietro Bonazza, Primo, Ceppellini , Flavio Mezzani, Tommaso Di Tanno, Roberto Lugano, Raffaello Lupi, Giuseppe Marino, Guido Marzorati, Ambrogio Picolli, Giuseppe Ripa, Raffaele Rizzardi, Franco Roscini Vitali, Francesco Rossi Ragazzi, Enzo Russo, Francesco Tesauro, Giuseppe Verna, Giuseppe Zizzo, Andrea Zonca (presidente Adc M.ilano).

NORMA DI COMPORTAMENTO N. 165

Disposizioni antielusive applicabili al riporto delle perdite nelle fusioni

MASSIMA

In presenza di un’operazione di fusione tra società, la disposizione antielusiva dettata dall’art. 37-bis del D.P.R. n. 600/73 non può trovare applicazione ai fini del disconoscimento del riporto delle perdite di taluna delle società partecipanti all’operazione quando siano rispettati i parametri di vitalità dettati dalla più specifica norma antielusiva recata dall’art. 172, comma 7, del D.P.R. n. 917/86.

Il citato art. 37-bis resta applicabile nel solo caso in cui siano stati posti in essere comportamenti diretti a costruire artificiosamente i suddetti parametri con l’unico scopo di usufruire di detto riporto delle perdite.

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In presenza di un’operazione di fusione societaria, il diritto della società risultante dalla fusione di riportare, ai futuri esercizi, le perdite sopportate dalle rispettive società partecipanti all’operazione, è fondato sull’esistenza degli specifici parametri di carattere quantitativo dettati dall’art. 172, comma 7, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.

L’operazione di fusione è, poi, soggetta all’ulteriore controllo recato dall’art. 37 – bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 che consente all’Amministrazione Finanziaria di disconoscere i vantaggi tributari derivanti da “atti, fatti e negozi, anche collegati tra loro, privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario, e ad ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti”.

La questione se le due norme debbano essere applicate in via alternativa o concorrente fra loro trova soluzione attraverso l’apprezzamento delle finalità volute dal legislatore con l’emanazione delle due richiamate disposizioni.

Funzione dell’art. 172, comma 7, è quella di riconoscere, alla società risultante dalla fusione, l’acquisito diritto di riportare le perdite in commento ai futuri esercizi nelle sole ipotesi connotate da (pre)determinati parametri di vitalità (concernenti il patrimonio netto, i ricavi dell’attività caratteristica e la forza lavoro). La sussistenza di detti parametri infatti fa ritenere meritevole di sopravvivenza il diritto al riporto delle perdite delle società partecipanti all’operazione in capo alla società risultante dalla fusione, in virtù dell’intervenuta successione di quest’ultima nei diritti spettanti alle società estinte per effetto della fusione.

La finalità dell’art. 37-bis, invece, è quella di precludere i benefici fiscali conseguiti mediante l’operazione di fusione quando essi costituiscono il risultato di una strumentalizzazione (abuso) di norme di legge esclusivamente funzionale al conseguimento dei benefici medesimi.

In senso tecnico-giuridico l’art. 37-bis non può configurarsi quale disposizione antielusiva di carattere generale, poiché è diretta ad incidere solo sulle operazioni ivi precisate.

Tuttavia, sul piano del confronto, essa si rapporta alla più specifica disposizione recata dall’art. 172, comma 7, alla stregua della relazione esistente fra norma generale e norma speciale.

Più in particolare:

(a) la più specifica norma antielusiva (art. 172, comma 7) interviene direttamente sulla fattispecie del riporto delle perdite fiscalmente rilevanti dettando le condizioni per il suo riconoscimento in capo alla società risultante dalla fusione e, per converso, disconoscendolo in tutti gli altri casi;

(b) la più generica norma antielusiva (art. 37-bis), invece, introduce uno strumento giuridico di salvaguardia erariale tale per cui l’Amministrazione Finanziaria è legittimata a disconoscere gli effetti propri degli atti e dei fatti ivi previsti (fra i quali è annoverata l’operazione di fusione) ed a ripristinare gli effetti dettati dalle disposizioni eluse.

In virtù del principio di coerenza normativa deve dunque ritenersi che, ove ricorrano le condizioni di ammissibilità del riporto delle perdite previsto dall’art.172, comma 7, non possa, per contro, operare contestualmente un disconoscimento di tale diritto ai sensi dell’art. 37-bis.

Aderendo ad una diversa interpretazione, si addiverrebbe alla paradossale conclusione che l’art. 37-bis potrebbe smentire, sul punto, la più specifica norma antielusiva dettata dal ripetuto art. 172 comma 7.

Sul piano formale giova anche rilevare che la modalità enunciativa positiva (autorizzativa), e non già negativa (preclusiva), dello stesso art. 172, comma 7, vieta di ritenere che la finalità del legislatore sia stata quella di dettare solo una mera norma di chiusura al diritto di riporto delle perdite in assenza delle menzionate condizioni di vitalità aziendale, con l’inaccettabile conseguenza di assoggettare, comunque, lo stesso diritto al controllo dell’art. 37-bis in tutti i casi in cui dette condizioni risultano invece sussistenti.

Deve tuttavia rilevarsi che, la disposizione sul riporto delle perdite di cui all’art.172 comma 7 non può comunque sottrarsi al superiore principio generale che vieta di abusare della legge, sotteso alla finalità antielusiva del legislatore, nel caso in cui il diritto al riporto delle perdite fiscalmente rilevanti, risulti fondato su una azione di costruzione artificiosa dei predetti parametri di vitalità, diretta unicamente a legittimare l’esercizio di questo diritto.

Dalle considerazioni svolte, fatti comunque salvi gli effetti dell’art. 84 del D.P.R. n. 917/86 concernenti ulteriori condizioni per la rilevanza fiscale delle perdite, conseguono le seguenti conclusioni:

1) essendo, le due norme, autonomamente applicabili, gli effetti giuridici che esse producono non possono essere sovrapponibili fra loro.

Ciò comporta che, nell’ipotesi in cui le società partecipanti alla fusione conservino tutti gli indici minimi di vitalità prescritti dall’art. 172, comma 7, la disposizione recata dall’art. 37-bis deve ritenersi inapplicabile con riferimento al riconoscimento fiscale del riporto delle perdite, fatta salva l’eccezione indicata al successivo punto “3”.

2) l’art. 37-bis conserva integra la sua funzione di disconoscimento dei benefici fiscali connessi all’operazione di fusione quando questi siano costituiti da vantaggi fiscali diversi dal riporto delle perdite.

3) l’art. 37-bis è egualmente applicabile, anche ai fini del disconoscimento del riporto delle perdite, nel solo caso in cui lo stesso art. 172, comma 7, sia stato oggetto di abuso nel costruire artificiosamente i ripetuti indici di vitalità al solo fine di trarre vantaggio dalla stessa norma abusata.

Ottobre 2006