ASSOCIAZIONE DOTTORI COMMERCIALISTI MILANO

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COMMISSIONE NORME DI COMPORTAMENTO E DI COMUNE INTERPRETAZIONE IN MATERIA TRIBUTARIA

Com­ponenti

Nicola Cavalluzzo (presidente), Elisa Aspesi, Mario Bono, Giulio Boselli, Paolo Centore, Nino Clerici, Cesare Gerla, Giuseppe Holzmiller, Silvio Necchi, Antonio Ortolani, Paolo Pensotti Bruni, Marco Peverelli, Marco Piazza, Stefano Poggi Longostrevi (segretario), Daniela Prandina, Paolo Vayno

Esperti

Alberto Arrigoni, Giuseppe Bernoni, Pietro Bonazza, Salvatore D’Amora, Flavio Dezzani, Tommaso Di Tanno, Natale Ignazio Girolamo, Maurizio Leo, Ambrogio Picolli, Raffaele Rizzardi, Franco Roscini Vitali, Francesco Rossi Ragazzi, Enzo Russo, Francesco Tesauro, Giuseppe Verna, Andrea Zonca (presidente Adc Milano)

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NORMA DI COMPORTAMENTO N. 161

CESSIONI DI BENI GIA’ INVIATI IN TERRITORIO EXTRACOMUNITARIO: CONDIZIONI E LIMITI DELLA RILEVANZA DELL’OPERAZIONE AI FINI DELLA FORMAZIONE DEL PLAFOND DEGLI ESPORTATORI

Le cessioni all’esportazione, il cui effetto traslativo sia posticipato rispetto all’invio del bene all’estero, concorrono alla formazione del plafond, ai sensi dell’art. 8, 2° comma, del d.P.R. 633/1972, qualora la cessione eseguita successivamente rientri nella finalità dell’esportatore sin dal momento dell’invio dei beni fuori del territorio dell’Unione europea.

Di conseguenza, agli effetti della creazione del plafond l’operazione si intende conclusa nel momento in cui si verificano gli effetti traslativi sospesi o differiti e, con riferimento a tale momento, occorre emettere la relativa fattura indicando la norma di non imponibilità della cessione.

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L’art. 8, 1° comma, lett. a) del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 qualifica, con il termine di “cessioni”, le operazioni all’esportazione in dipendenza delle quali il bene sia trasportato o spedito fuori del territorio dell’Unione europea.

La qualificazione di “cessione” consegue al trasferimento del diritto di proprietà, quale elemento costitutivo della compravendita definita dall’art. 2, 1° comma, del d.P.R. 633/1972[1].

L’invio dei beni all’estero (ossia in territorio extracomunitario) rappresenta l’elemento costitutivo dell’operazione all’esportazione, nel senso che, ove non vi sia trasporto o spedizione all’estero, la cessione non può essere definita “esportazione”[2].

Gli elementi oggettivo e territoriale, sopra individuati, sono riscontrabili non solo nelle cessioni all’esportazione ordinarie, per tali intendendo le cessioni dei beni (nazionali o comunitari) con trasferimento in territorio extracomunitario, secondo il preciso paradigma dell’art. 8, 1° comma, lett. a) del d.P.R. 633/1972, ma anche nell’ipotesi in cui l’effetto traslativo della cessione sia sospeso nel momento dell’invio del bene all’estero, e si verifichi successivamente a tale evento.

L’art. 6, 1° comma, secondo periodo, e 2° comma, lett. d) del citato d.P.R. 633/1972 disciplina la posticipazione degli effetti dell’operazione, rispetto alla consegna o spedizione del bene, rispettivamente per le cessioni ad effetti traslativi o costitutivi rinviati e per le cessioni inerenti a contratti estimatori.

Secondo la norma comunitaria (art. 8, par. 1, lett. a) della Direttiva 77/388/CEE), la territorialità dell’operazione differita, nelle ipotesi previste e regolate dal citato art. 6, 1° e 2° comma, del d.P.R. 633/1972, è individuata nel momento in cui il bene viene spedito o trasportato a destinazione dell’acquirente a partire dal territorio nazionale.

Per dette operazioni sussistono, dunque, entrambi i requisiti sopra individuati ai fini della qualificazione della cessione come “esportazione”, cioè la natura oggettiva di cessione, ancorché ad effetti sospesi e rinviati, la territorialità del bene (nazionale o comunitario), nonché l’ulteriore elemento dell’invio (per trasporto o spedizione) al di fuori del territorio dell’Unione europea.

Pertanto, il rinvio degli effetti non incide sulla natura dell’operazione ai fini dell’art. 8, 1° comma, lett. a), del d.P.R. 633/1972 che, di conseguenza, mantiene la sua rilevanza nella determinazione del plafond disciplinato dal successivo secondo comma[3].

Oltre alle operazioni sopra descritte devono essere “assimilati” alle operazioni di esportazione, utili alla formazione del suddetto plafond, anche gli atti negoziali compiuti successivamente alla spedizione dei beni all’estero in dipendenza di una originaria finalità di vendita già esistente al momento della spedizione[4].

Questa conclusione trova conforto nelle seguenti considerazioni:

(a) con riferimento al dato normativo nazionale, l’art. 6, 1° comma, secondo periodo del d.P.R. 633/1972 qualifica come “cessione” l’operazione ad effetti traslativi sospesi o rinviati;

(b) con riferimento ai beni spediti o trasportati, l’art. 8, par. 1, lett. a) della Direttiva 77/388/CEE individua come luogo della cessione, ai fini della qualifica territoriale dell’operazione:

(i) “il luogo in cui il bene si trova al momento iniziale della spedizione o del trasporto a destinazione dell’acquirente”, se il bene è spedito o trasportato.

La norma comunitaria (art. 8, par. 1, lett. a) della Dir. 77/388/CEE), richiede per la configurazione di una cessione all’esportazione la sussistenza dei due momenti costituiti dall’operazione di consegna o spedizione e dall’atto negoziale in base al quale avviene il trasferimento della proprietà (immediato o differito).

Essa considera indispensabile solo la compresenza dei due momenti predetti, indipendentemente dalla cronologia del loro accadimento. La momentanea assenza di uno di essi agisce alla stregua di una condizione di sospensione degli effetti dell’operazione che, nell’ordinamento italiano, è espressa dall’art. 6, 1° comma e 2° comma, del d.P.R. 633/1972 per le operazioni (tipizzate) ivi previste[5];

(c) con riferimento agli artt. 38, 5° comma, lett. a) e 39, 1° comma, secondo periodo, del D.L. 331/1993 e all’art. 28 bis, par. 5, ultimo comma, primo periodo, della Direttiva 77/388/CEE secondo cui il regime sospensivo ivi previsto non incide sulla qualifica dell’operazione che, seppur manifestatasi successivamente all’invio del bene, viene qualificata come intracomunitaria e, come tale, rilevante ai fini del plafond;

(d) con riferimento all’art. 16, par. 2, della Direttiva 77/388/CEE, che prevede e disciplina il regime di non imponibilità degli acquisti effettuati dagli esportatori, nel quadro dell’agevolazione del settore dell’esportazione[6];

(e) con riferimento, a contrariis, all’art. 6, 3° comma, del d.P.R. 633/1972 secondo cui l’acconto percepito dall’esportatore prima della consegna del bene viene qualificato come esportazione ad ogni effetto dell’art. 8, 1° comma, let. a) del d.P.R. 633/19726, sotto la condizione che il bene oggetto della fatturazione in acconto sia trasferito successivamente all’estero[7].

Dalle considerazioni sopra svolte ed in virtù di una interpretazione finalistica, sistematica ed adeguatrice della norma italiana a quella comunitaria, si ricava che, ai fini e per gli effetti dell’art. 8, 2° comma, del d.P.R. 633/1972, la rilevanza delle operazioni espressamente tipizzate dall’art. 6, 1° comma e 2° comma, del d.P.R. 633/1972, in relazione al differimento degli effetti traslativi, possa considerarsi estesa ad altre situazioni giuridiche (come, ad esempio, la tentata vendita, le cessioni di beni eseguite all’estero in occasione di fiere mercato) precedute da operazioni di trasporto o spedizione dei beni all’estero e fondate sull’elemento dell’originaria intenzionalità della vendita di detti beni.

Tuttavia questa estensione non può verificarsi quando non vi è stretta connessione diretta fra spedizione (precedente) e cessione (successiva) come, ad esempio, il trasferimento di beni all’estero per essere ivi depositati presso un proprio deposito.

In ogni caso, i requisiti di connessione del preventivo invio del bene rispetto alla successiva cessione devono essere oggetto di adeguata dimostrazione documentale, sotto il profilo giuridico e sostanziale.

Quanto al momento della rilevanza dell’operazione, ai fini della determinazione del plafond, la cessione, conclusa quando i beni siano già stati trasferiti all’estero, viene qualificata come cessione all’esportazione con effetto ex nunc, cioè quando gli effetti sospensivi dell’operazione cessano, dando luogo al perfezionamento della compravendita. Con riferimento a tale momento, ossia quando i beni già inviati all’estero vengono ceduti, l’operatore deve emettere la fattura indicando la norma di non imponibilità (art. 8, 1° comma, lett. a) del d.P.R. 633/1972) e provvedendo alla conseguente annotazione del documento.

Milano, luglio 2005


[1] In senso conforme cfr. Assonime circolari 17 dicembre 1997 n. 114 e 1 agosto 1996 n. 89; Circ.Min. 15 luglio 1999, n. 156.

[2] Fatta salva la deroga per gli aeromobili, per i quali la cessione all’estero si manifesta in dipendenza delle annotazioni sui pubblici registri dove il mezzo è identificato (in tal senso cfr. Ris.Min. 30 luglio 1991 n. 465103).

[3] Cfr. in senso conforme Ris. Ag. Entrate 5 maggio 2005 n. 58, in tema di “consignment stock”.

[4] Cfr. in tal senso Circolare Assonime 16 maggio 2005 n. 24.

[5] In senso conforme cfr. Ris.Min. 4 dicembre 1975 n. 520657 e 3 agosto 1979 n. 411050; in senso possibilista cfr. Circ.Min. 15 luglio 1999 n. 156; in senso contrario Nota Dip. Dogane n. 1248 del 6 Maggio 1997, n. 839 del 5 Giugno 2000 e Circolare Agenzia delle Dogane n. 8 del 27 febbraio 2003.

6 In tal senso cfr. Circ.Min. 15 gennaio 1977 n. 4/411169 e Ris.Min. 7 settembre 1998 n. 125.

7 Cfr. Ris.Min. 18 aprile 1975 n. 525446; cfr. Ris.Min. 5 agosto 1997 n. 177.