Il corona-virus non è un cigno nero

 

Il “Corona-virus” imperversa e in concreto si sostiene – ma non è vero – che non si sa cos’è nelle cause, mentre si sa cos’è negli effetti. Avrebbero potuto chiamarlo “flagello”, ma sarebbe stato più terrificante delle “piaghe d’Egitto” condensate in una. Di fronte a questo evento che, secondo molti specialisti, cambierà il futuro corso della storia, la gente comune assume due diversi atteggiamenti: paura, come per i bombardamenti di guerra, o spavalda indifferenza, che se non è stoltezza, è paura esorcizzata. La mancanza di conoscenza della vera natura di questa sconvolgente attuale realtà sembra abbia impedito una previsione del suo insorgere iniziale e rende difficile la formulazione di fondate ipotesi sul quando passerà la tempesta. L’unica certezza sembra la constatazione che prima o dopo il fuoco si spegnerà come insegna la storia delle pandemie, con la paura che continui a covare sotto la cenere in assenza di un vaccino mirato, poiché servono a poco i tentativi di impiegare farmaci validi per altre patologie, ma con effetti secondari e pericolose controindicazioni per l’attuale infezione, che se non sradicata, come avvenne per il vaiolo e la poliomielite, può ripresentarsi anche in altra più subdola forma, considerato il trasformismo del virus proteiforme. Purtroppo questo è il quadro, che stimola un’analisi sull’importanza della previsione da non confondere con la profezia. Prevedere un evento significa poter agire in anticipo e predisporre difese prima dell’accadimento. Allora, la domanda è: “il corona-virus era prevedibile?”. Se no, bisogna accettarlo con senso di rassegnazione come per certi eventi naturali che l’uomo non può contrastare. Se sì, l’inerzia di chi ha potere e responsabilità è imperdonabile.

Esaminiamo gli accadimenti recenti:

  1. nel marzo 2015, in anticipo di 5 anni sullo scoppio del corona-virus, Bill Gates, ormai noto stramiliardario, rilasciò un’intervista in cui prevedeva l’avvento di un virus che avrebbe ucciso milioni di persone. Come accadde a Cassandra, il fondatore di Microsoft non fu creduto. Non solo i responsabili mondiali, OMS compresa, non fecero alcuna attività pro-attiva, ma in Italia il governo proseguì nell’opera demolitoria della sanità. Poiché Bill Gates non è un profeta, l’avvento di un virus più falcidiante di una guerra era prevedibile e alla portata anche da governanti sprovveduti, a cui, purtroppo, nessuno presenta il conto nemmeno politico. Le conseguenze, oltre che in numero di morti buono solo per false statistiche, sono una ricaduta sull’economia mondiale, che, ben che vada, resterà impoverita da quel che è perduto per sempre, per tacere delle conseguenze sociali;
  2. seppelliti i morti (si fa per dire) resta la prevedibilità del “quando” potrà cessare veramente il fenomeno. Su questo punto i profeti si sprecano, anche se l’unica attività concreta è un “agire con prudenza”, perché solo un vaccino efficace, che agisce nel tempo e in via preventiva, può dare le sperate certezze.

A questo punto si può porre un’ulteriore domanda: “il corona-virus” rientra nello schema della teoria del “cigno nero” di Nassim Nicholas Taleb, docente americano di “scienze dell’incertezza”? L’autore multi-ingegno fonda la sua teoria sulla constatazione che l’uomo si concentra sulle evidenze di ciò che l’esperienza suggerisce, trascurando l’imprevedibile, che, a posteriori, ascrivendo il fenomeno alla categoria dell’ignoto, serve da alibi e autogiustificazione per le misure non adottate per parare l’evento, come a dire che si è esclusa dall’analisi la possibilità di un “what if?”. Questa sintesi, che nel suo estremismo, può essere anche imprecisa, ci consente però di affermare che il corona-virus non è un cigno nero, (lo afferma lo stesso autore), vero è che Bill Gates aveva previsto una pandemia, evidentemente tenendo conto delle affermazioni di alcuni virologi avveduti, dalle abitudini alimentari e anti-igieniche di molti cinesi che in un prossimo futuro, cioè il nostro presente, avrebbero metabolizzato e poi diffuso virus nuovi o potenziati a partire da quelli già esistenti. Non è un caso che le epidemie abbiano origine in Oriente, dove sono già riprese le abitudini alimentari ante corona a base di pipistrelli e topi vivi. Questo è quanto è accaduto e sta accadendo, ma resta il problema del “quando ne usciremo?”. Anche questo non è un “cigno nero”. In economia i cigni neri sono molto più rari di quel che si pensi, perché la catena causa-effetto è quasi sempre nota nelle cause e prevedibile negli effetti. In sintesi l’uomo è pestilenza di se stesso e la crescita esponenziale della quantità va a scapito della qualità e, come affermò Thomas Carlyle, a moltiplicarsi come conigli si finisce per morire da conigli. Non basta parafrasare Marx con proclami del tipo “virologi di tutto il mondo unitevi”, perché siamo al punto che la crescita è in contrasto con lo sviluppo, come ben sanno gli economisti avveduti.

Pietro Bonazza