Mi alzo il mattino di malumore, per usare un linguaggio eufemistico ed emendato. Mi faccio la barba sapendo di dover ricorrere all’emostatico; mi infilo la camicia, le braghe non so fino a quando, perché il superministro delle finanze (c’è ancora, c’è ancora, credetemi!) ha già deciso di sequestrarmele e allora mesdames e mesdemoiselles ne vedrete delle belle e passo alla cravatta. Ma mi arresto al primo giro, perché mi sovviene (che dolcezza di linguaggio mi ispirano i governanti!) che la signora ministressa della salute ha consigliato (ma è una moral suasion più imperativa di una bolla papale e guai a trasgredirla) di non fare uso di quello strumento che evoca una corda da impiccagione. Il corpo deve essere libero di respirare e traspirare – dice Sua Bellezza – anche quando fa un freddo boia. Allora, abbandono il cappio e lancio una imprecazione erga omnes, ma a mo’ di preghiera, fidando in Dio ultima speme: libera nos Domine!