Anche le patate lesse hanno diritto di voto. Potrebbe essere un titolo giornalistico velenoso per le votazioni referendarie danesi, che a fine settembre hanno visto più di 53 danesi su 100 dire di no all’euro. Negli stessi giorni si è votato anche in Yugoslavia. L’accostamento è puramente casuale, ma un filo di raccordo esiste. Il no danese all’euro e il no slavo a Milosevic hanno in comune la mancanza di una vera politica dell’UE, che si ferma a una debole banconota. I danesi sono patate lesse, i serbi sono il contrario, ma almeno esistono. L’UE esiste solo nella mente di Prodi e di Dini e questo deporrebbe a loro favore, perché avere in testa idee è sempre meglio della segatura. Il dopo elezioni danese ha offerto ai soliti guitti di recitare la solita sceneggiata.

· Gli analisti finanziari: le borse non sono crollate, perché avevano già scontato il no danese. È vero: peggio di così la moneta europea, virtuale senza virtù, non può andare;

· gli economisti: l’UE deve rendere più flessibile il mondo del lavoro, ingessato dai rigidismi sindacali, altrimenti l’euro non può avere attrazioni per le corone e le sterline. Come a dire: sono gli euromonetizzati, che devono conquistare le donzelle, se le vogliono nei loro talami. Piano… piano. Se siamo un po’ realisti, quelle donzelle non svegliano concupiscenze. Se stanno bene a casa loro, ci stiano;

· gli euroscettici: i danesi non sono poi così sciocchi e hanno avuto il coraggio di difendere le loro radici, la loro civiltà, i loro costumi. Sarà. Ma dei vichinghi non si ricordano più nemmeno i loro discendenti di oggi. Semmai si ricordano di Amleto. Ma è un prototipo esaltante?

· i filoeuro: i danesi ci hanno reso un servizio, perché ci costringeranno, per reazione, a rafforzare i vincoli dei dodici, sia sul piano monetario e sia su quello politico. Forse, dicono, sarà il caso di riproporre l’Europa a due velocità, in omaggio alla metafora della geometria variabile o a quella dei frattali. Bene, però stiamoci attenti con certe geometrie non euclidee, che possono portare a convergenze parallele di fanfaniana memoria;

· i politici: non è un gran perdita, perché la Danimarca, se avesse vinto il sì, avrebbe rappresentato non più del 2% della UEM. Sbagliato, perché nella UE vale la regola di Cuccia: i voti si pesano e non si contano. Non dimentichiamo che sulle materie più importanti regolate sull’unanimità la Danimarca ha un diritto di voto (rectius: di “veto”), che è indipendente dall’adesione all’euro.

Dopo questo inventario di opinioni è il caso di tornare ai nostri Prodi e Dini, che non perdono occasione per parlare della necessità di allargare l’UE (per Dini non farlo è addirittura un “suicidio”). Dipendesse da loro, avremmo già imbarcato anche Russia e Yugoslavia, altro che Danimarca nell’euro. Che ne facciamo dell’Europa? E di Prodi e Dini… che ne facciamo? Fate vobis. E dell’Italia, che propone leggi finanziarie irresponsabili, come quella confezionata da Amato in questi giorni, che ne facciamo? Ridiamoci sopra.