Sul “Sole-24 ORE” del 7 novembre 2006 si legge un articolo del prof. Marchetti, autorevole cattedratico di diritto commerciale nonché ispiratore e notaro di grandi operazioni societarie milanesi, il cui titolo è già di per sé programmatico: “Non condannate il dualistico”, soprattutto perché vede la stampa nel momento in cui lo sbocco della fusione San Paolo/Banca Intesa è verso il “sistema dualistico”. Sarà pure una coincidenza fortuita, stante il ruolo di difensore di tale sistema assunto dal Marchetti sin dall’introduzione della riforma del diritto societario, però è un dato di fatto che, casuale o no, deliberazione di fusione delle due banche e articolo sul “Sole” siano maturati nella stessa stagione.
È nota l’abilità dell’autore nel camminare sulle uova, nonostante un significativo peso specifico, e la si nota anche nell’articolo, che, ovviamente, è tutto a difesa del “sistema dualistico”, soprattutto dopo che la sua voce qualificata si era fatta sentire, con ottimi risultati, a favore dell’introduzione nell’art. 2409-terdecies cod. civ. della lettera f-bis), che consente allo statuto di prevedere che il “consiglio di sorveglianza” possa deliberare “in ordine alle operazioni strategiche e ai piani, industriali e finanziari della società predisposti dal consiglio di amministrazione, ferma in ogni caso la responsabilità di questo per gli atti compiuti”. Non c’è da essere troppo orgogliosi di aver fatto da tifoso di un simile pasticcio giuridico. Siamo un’ennesima volta in presenza di un cuneo inserito senza organicità con il resto delle norme, che negli Stati Uniti, dove con il pragmatismo non si scherza perché farebbe pensare alla malafede, una norma è sempre preceduta da una introduzione del tipo: “per x si deve intendere che…”. Ora, che vuol “operazione strategica”, presa dal lessico militare e che cosa sono i “piani industriali e finanziari”? Discrezionalità e soggettivismo sono tutt’uno. Risponderebbero gli autori: “ma lo sanno anche i bambini che cosa sono la strategia e i piani”! Ebbene, in democrazia ci sono anche commercialisti con più di quarant’anni di vita vissuta in imprese di vario tipo che hanno il coraggio di ammettere “non lo so”! Senza quella lettera f-bis) tutto era chiaro, seppur non lo condividessi: un consiglio di amministrazione che fa la gestione e un comitato di sorveglianza che ha il compito di sindacare, ma non anche di deliberare, se non si vuol giocare al “Giano bifronte”. Ora, invece, il comitato di sorveglianza può deliberare su operazioni – trascuriamo la loro indefinibilità – “predisposte dal consiglio di amministrazione”, che, ovviamente, deve averle prima approvate collegialmente. Il comitato di sorveglianza successivamente può approvarle o no, ma, si noti la chicca: in ogni caso, quindi anche se il comitato le approva, la responsabilità delle operazioni resta ferma in capo al consiglio di amministrazione. Potrei capire in caso di non approvazione, ma se il comitato approva dovrebbe portare a sua volta la responsabilità della propria deliberazione. Se no, vuol dire che invece di una norma giuridica si tratta dell’applicazione della regola “io ho sempre ragione quia sum leo”.
Ma il Marchetti, seppur con la consumata circospezione e la notaril prudenza che gli vanno riconosciute, si lancia in difesa del dualistico adducendo la tesi che è idoneo a creare un diaframma nella società caratterizzate da un azionariato familiare litigioso o per altre situazioni in cui sia presente una parte di capitale pubblico. Poiché tali circostanze non sembrerebbero sussistere nel caso del San Paolo di Torino e della Banca Intesa di Milano, ci si chiede se vi sia il timore che ciò possa avvenire in futuro.
Marchetti, bontà sua, ha anche un attimo di attenzione per gli azionisti di minoranza, sostenendo la tesi che non verrebbero danneggiati perché, se raggiungono la quota di legge (20% società non quotata e 2,5% se quotata, sai com’è facile!), “mantengono la legittimazione all’azione di responsabilità”. Che sia umorismo involontario? Invece, vale la domanda retorica e realistica: i soci di minoranza delle due banche dove li mettiamo? In soffitta, evidentemente, con buona pace del mercato, cioè la Borsa, che in Italia fa sorridere quasi tutti, non il Marchetti, che chiude il suo articolo invocandola come giudice tra il dualistico e il tradizionale. Il diritto non è una fede, ma la fede è un diritto… che non si può negare a nessuno.
Pietro Bonazza