Si può avere comprensione, forse anche ammirazione per i perdenti. Però sono perdenti e, quindi, il sentimento più adatto sarebbe la compassione. Cofferati è un perdente, ma non merita nemmeno la compassione… solo una risata. In che cosa ha perso? Questa è una domanda che merita un’analisi. Non certo perché non sia riuscito a riempire le piazze, ma il motivo per cui le ha riempite. Sappiamo che la piazza è adatta alle rivoluzioni e a un rivoluzionario vero che perde è dovuto l’onore delle armi. Però, nella storia non si è mai visto un rivoluzionario che lotta per impedire il nuovo, ma per conservare il vecchio. In questo senso Cofferati avrebbe potuto essere il miglior valletto del Principe di Metternich. Voleva solo dimostrare di essere un politico. In effetti il suo scopo, nemmeno tanto nascosto, era la conquista della segreteria di un partito di sinistra, ma Bertinotti ha fiutato il vento ed è corso ai ripari applaudendolo, come si applaude uno che arriva secondo. I DS, poi, hanno reagito dividendosi ancor di più, così dimostrando al capo sindacale che lo aspetterebbe, se gli riuscisse l’operazione, di diventare il segretario di un quarto di partito. Allora che gli resta? Gli resta la piazza. Ma fatta da chi? Sicuramente vi sono operai e colletti bianchi, ma sono poco affidabili, perché la loro scelta è dettata dal portafoglio, come ragiona ormai ogni borghese. Restano i noglobal cattolici e i lanzichenecchi protestanti. Ma, alla fine sono troppo pochi e pericolosi per fare un partito.
Non so se avrebbe un avvenire nella scuderia Berlusconi, che gli deve molto, perché è per quel partito che, senza rendersene conto, Cofferati ha lavorato e sta lavorando indefessamente.
Gli resterebbe un posto alla zecca, ma alla condizione che si decidessero a fare una moneta effigiata da una sola parte, ciò che non accade da molto prima dei coniatori dei Cesari di Roma. Una moneta ha sempre due facce, per non lasciare spazi in bianco e renderne più difficile la falsificazione e non sono mai eguali: testa e croce, diritti e doveri. Ma Cofferati conosce solo i diritti e con quelli soltanto non si può fare moneta. Ecco perché ha perduto e resterà disoccupato e le piazze prima o poi diventeranno sempre più vuote. Per riempirle il sindacato deve aprire i cordoni della borsa e accollarsi le spese dei viaggi dei sostenitori che sfilano a Roma in via dei Fori Imperiali. Ironia della sorte: per combattere l’imperialismo bisogna camminare su ciottoli imperiali! Bastano tre adunate oceaniche all’anno (forse anche meno) e il sindacato va in malora con le casse a secco. Al Cofferati resta da giocare a testa o croce. Lui dirà sempre testa, perché la croce ha dimenticato di metterla e, d’altra parte, non può sopprimere la moneta, ma al lancio viene la faccia vuota e la sua perdita è di non vincere. È il suo destino, contro cui non può andare. Se si pensa a Luciano Lama, lui non è nemmeno una lametta da barba e lo sa al punto che non se la fa. Se ci fosse Togliatti… Beh! Allora sarebbero in tanti a far ressa per spolverargli la scrivania. Sindacalisti si può diventare. Politici non ci si inventa… si nasce ed è un grossolano errore porre la cosa in termini di riformismo o non riformismo sindacale. La questione è la scelta tra sindacalismo e politica e alla fine è questa che ha la supremazia, se i politici sanno praticarla.