Pensieri estetici

L’esercizio mentale più stimolante non è l’enigmistica, ma è immaginare “qualsiasi cosa” al mondo senza gl’italiani. La “qualsiasi cosa” si riduce ad un nonsense.  È come togliere l’antitesi alla dialettica, l’ombra alla luce, la molecola d’ossigeno all’acqua, Lombard Street alla City di Londra, il tasso Lombard alla Bundesbank, le cambiali alla finanza. È come organizzare l’economia mondiale e vanificare d’un colpo il WTO e orbare l’Europa, già in debito per Monti e Bonino. Ma soprattutto è come ammutolire il mondo. Noi siamo la favella del mondo, che da noi ha imparato le due parole divine: “sì” e ”ciao”, mentre le ragazze di Sanfrediano si smascellano a dire okay.

Da secoli vendiamo al mondo l’unico prodotto che non può diventare consumismo: l’estetica [vedi B. Migliorini, La lingua italiana di oggi, pag. 27: «… è popolo eminentemente artistico quale l’italiano»], nascosta nelle merci. Un tempo erano panni, armi, carrozze, gioielli e fiorini; oggi sono tessuti e vestiti, fucili e pistole, Ferrari, gioielli, Bot e Cct. Il mondo è cambiato poco per noi, nonostante quattro rivoluzioni industriali fatte dagli altri e l’evoluzione tecnologica sempre fatta dagli altri. Però, se il mondo non vuol morire di monotonia con tutti i suoi robot deve ancora scendere le Alpi per farsi fare almeno la carrozzeria.

È un dato di fatto, che non ha bisogno di dati statistici o contabili. È l’unica nostra risorsa e molti economisti teorici e applicati, che hanno succhiato il latte della London School o si sono masterizzati negli States continuano a farci credere che bisogna lanciarci nell’hig’-tec, già inventata da Dante Alighieri, Leonardo, Michelangelo e tanti altri. L’Italia è la culla del mondo, ma gli Italiani la vogliono “vaso sanitario”.