Anacleto Verrecchia: una penna al servizio della verità

   La casa Editrice Clinamen di Firenze ha mandato in libreria, da metà 2017, il libro di Anacleto Verrecchia “Il mastino del Parnaso. Elzeviri e polemiche”, che nella copertina riproduce il famoso mosaico “Cave canem”, coerente con titolo e contenuto della crestomazia di articoli pubblicati sull’inserto settimanale “Tuttolibri” del giornale “La Stampa” di Torino. È ripubblicazione postuma di recensioni, o meglio di analisi critiche, che l’atipico autore pubblicò, diffondendo il suo stile e il suo spirito straordinario in quest’epoca priva di valori culturali e morali. I giudizi di Verrecchia sono stati, in ogni occasione – e furono numerose – graffianti, sulfurei, ma sempre centrati e corretti. Leggendo l’autore in questi elzeviri e nelle sue altre opere: impressioni di un viaggiatore tra civiltà sepolte, interviste viennesi a personaggi famosi e nelle analisi su Lichtemberg, Schopenhauer, Martinetti, Bruno, Nietzsche traspare il suo piacere appagante, senza compiacimenti, per la consapevolezza di aver concluso giudizi sempre fondati su documenti e ricerche storiche. Si può dire che Verrecchia, dopo aver faticato sulle carte d’archivio e sul pensiero dei suoi autori preferiti, provava il trasparente divertimento per la sua opera compiuta. Scriveva in tedesco, da saldo germanista, e in un italiano perfetto e accattivante. Tutti i suoi libri sono da rileggere per cogliere appieno l’esempio di una grande onestà culturale e intellettuale, virtù sempre più rare in un contesto di becerume giornalistico, linguaggio approssimativo privo di nerbo, che naufraga nel conformismo senza senso e a cui contrapponeva il suo stile diretto, ossuto, ironico, esemplare. L’avvertimento “cave canem” è da intendere anche come un invito a non dimenticare che sul Parnaso si parla in un linguaggio, che il tedesco Thomas Mann, definendo l’italiano un idioma celeste, affermò: “…per me non c’è dubbio che gli angeli nel cielo parlano italiano”. (Thomas Mann, Confessioni del cavaliere d’industria Felix Krull).

Dalle analisi dei suoi autori preferiti, direi amati, traspare un sentimento di profonda umana pietà per la loro sorte quasi sempre infelice, perché prezzo pagato alla coerenza e all’inflessibilità del rigore morale.

Il libro è da leggere e da riflettere.

La pubblicazione del “Mastino del Parnaso” è stata resa possibile:

– dalla moglie, conservatrice di tutti gli scritti di Verrecchia e a cui l’autore dedicò con amore il libro “Schopenhauer e la vispa Teresa”, come si legge nell’esergo: “A Silvana, il mio lucarino” e

– dalle cure, faticose perché il nostro autore non usava il computer, di un presentatore eccezionale e anche biografo: Marco Lanterna, che ha scritto una “Introduzione” veramente encomiabile e in uno stile che Verrecchia avrebbe sicuramente apprezzato.

Verrecchia- Lanterna è un caso di evidente affinità elettiva.