Clandestini: l’Africa impoverita
Uno studio recente, elaborato sulla base di dati statistici, dimostra che la povertà e l’arretratezza degli stati africani, che hanno subito il fenomeno tragico della tratta degli schiavi, dipendono dall’impoverimento di materiale umano causato dagli schiavisti.
Ora è in atto un’invasione di clandestini africani di religione islamica in Italia, causata da una nuova forma di schiavismo o di auto schiavismo, che sta mettendo a dura prova le nostre già inadeguate strutture sociali, sollecitando sensi di carità, da una parte, e repulsioni quasi razziste dall’altra. Poiché non possiamo pensare che gli invasori siano tutti potenziali terroristi, ma che la grande maggioranza, salvo gli infiltrati, siano poveri esseri umani in cerca di un futuro migliore, destinato alla delusione, ci dobbiamo chiedere se questa sottrazione di materiale umano ai paesi di provenienza non ne acuisca la povertà, ritardandone ulteriormente lo sviluppo. È una domanda trascurata e nascosta da superficiali valutazioni, sulla spinta emotiva di sensi di buonismo e cosmopolitismo, ma la cui risposta può essere data solo previe valutazioni condotte con razionalità economica e sociale. Purtroppo la risposta darebbe torto a certo peloso solidarismo o calcolo politico o ingenuità caritativa. La conclusione è che stiamo impoverendo l’Africa un’altra volta, creando nel contempo in Europa, specie in Italia, sacche umane di sradicati non integrabili.
Clandestine: the Africa impoverished
A recent analysis, elaborated with statistics data, shows that the poverty and the backwardness of the African States, that suffered the tragic phenomenon of the slave trade, are caused by the impoverishment of human material caused by the slave traders.
Now, it is under way an invasion of clandestine Africans of Islamic religion in Italy, caused by a new form of slavery or of self-slavery, that is putting to hard trial the our already inadequate social structure, soliciting senses of charity, from a part, and nearly racist repulsions from the other. Since we cannot think the invaders are all terrorist potentials, but that the great majority, except the infiltrates, are human poor creatures searching for a better future, destined to the disappointment, we have to wonder if this subtraction of human material to the countries of origin does not whets the poverty, delaying subsequently the development. There is a neglected and hidden question by superficial evaluations, on the emotional push of senses of conciliatory attitude and cosmopolitanism, but whose answer can be given only previous rationally economic and social evaluations. Unfortunately the answer would give wrong to some hairy solidarity or calculate political or charitable ingenuity. The conclusion is that the Africa becomes impoverished an other time, creating in the meantime in Europe, in particular in Italy, human knapsacks of rootless non-integrable persons.
(Translation by Giulia Bonazza)
