Fra le amenità (si dice per ridere, ma si dovrebbe piangere) partorite dalle due menti associate dell’attuale governo (il Premier è solo ombra): Bersani e Visco, autori del D.L. 3 luglio 2006, n. 223, c’è quella che riguarda la vendita dei prodotti farmaceutici “da banco” (cioè senza ricetta) nei supermercati.
I due intelligentissimi riformatori e legislatori (essendo docenti universitari sono intelligentissimi per antonomasia!) hanno previsto che sia obbligatoria la presenza di un farmacista. Cioè: per vendere un’aspirina ci vuole il dott. pillolaio. Ma allora, uno del popolo come me, si chiede: non era il caso di lasciare quei prodotti, che in ogni angolo del mondo possono vendere anche al bar-tabaccheria come avveniva una volta per il chinino, come monopolio del farmacista? Uno direbbe: i farmacisti l’hanno spuntata, perché se è necessaria la presenza di un laureato in farmacia nel box del supermercato, la categoria, almeno quella professionale se non quella commerciale, è salva.
Ma la vera vittoria i farmacisti l’hanno conseguita ottenendo (a meno che non sia una svista del duo leguleio) la “non presenza” nelle loro botteghe di un dottore calzaturiero, visto che vendono anche le ciabatte, o di un dottore erborista per erbaggi di varia natura, detti omeopatici, che al meglio guariscono i calli, o di un dottore profumiere per vendere tanti prodotti che sono vere bufale per donne minchione desiderose di far sparire le rughe (la mola smeriglio avrebbe più effetto!), e così via.
Dove è andata a farsi friggere la tanto sbandierata par condicio?
Ma stiamo in pace: non succederà nulla. Chi glielo fa fare a un supermercato di vendere una qualche pillola, dovendo pagare almeno un paio di farmacisti per coprire tutto l’orario di apertura?
I farmacisti questo lo sapevano, i supermercati pure, Bersani e Visco ancora pure, ma soprattutto tutti sapevano che nel DNA dell’italiano c’è un cromosoma della fessaggine. Tièè!
Pietro Bonazza
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