Questo articolo conferma e rafforza le tesi già esposte nel precedente “L’uomo: un piteco libero di peccare”, pubblicato in “ilDialogo” del 31 maggio 2013.

 

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Le chiamano le tre religioni del libro: ebraismo, cristianesimo e islamismo, ma la differenza determinante sta nella parola profeta: Maometto è un profeta che scrive o fa scrivere il Corano sotto dettatura di al-Ilāh; i profeti dell’Antico Testamento sono, invece, interpreti della parola di ElHoa; il cristianesimo non ha bisogno di profeti, perché Gesù Cristo è il Dio della Rivelazione e della Resurrezione. Detto questo, il primo libro della Bibbia, la Genesi, sappiamo che è stato scritto da Mosè nel 1500 circa a.C. attingendo a una fonte sacerdotale, quindi la sua descrizione della Creazione è un sua interpretazione incontestabile sul piano teologico e in intenzionale sul piano storico cosmologico, che ha costituito puntiglioso terreno di scontro e contestazione tra creazionisti ed evoluzionisti. Se è un’interpretazione e se la Bibbia è un libro pieno di metafore e di simboli, significa che non dovrebbe essere preso alla lettera quando non tratta questioni non teologiche, quindi interpretato e non contrastato. Cioè un’interpretazione dell’interpretazione, se non vogliamo ricadere nel processo a Galileo. Ma, per dimostrare che la Genesi non va presa alla lettera, manteniamoci nella lettera. Dio creò l’uomo il sesto giorno, cioè l’ultimo, impastando fango e ciò spiega perché Mosè lo chiamò Adam, cioè uomo fatto di fango o di terra rossa. Ma questo essere terroso, essendo stato creato simile a Dio, era stato dotato di “libero arbitrio”, senza il quale non si spiegherebbe la sua colpa di voler essere uguale al suo Creatore e di infrangere l’ordine naturale che viene dalla gerarchia, perché senza questa non c’è nemmeno ordine e ancor meno tempo ,che, come dice Aristotele (Fisica, 11, 219 b1, sgg.): «Il tempo è il numero del movimento secondo il prima e il poi”, quindi secondo ordine e sequenza. L’essere inconsapevole, cioè il privo del libero arbitrio, non potrebbe essere colpevole. Ora, nella Genesi c’è un’apparente contraddizione: come poteva Adam ambire a diventare uguale a Dio avendo ricevuto la libertà del “libero arbitrio” e la intelligenza che ne è condizione prioritaria? In sintesi si potrebbe così riassumere il comportamento del progenitore: o era un minus habens e allora non si spiegherebbe la condanna, ma non si spiegherebbe nemmeno il versetto “facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza” (“facciamo” non è pluralis maiestatis, ma il riferimento alla Trinità) oppure Adam era perfettamente consapevole del suo intento, cioè come un Titano che intende scalare l’Olimpo e allora il peccato di Adam è stato consumato in piena coscienza e integra il più condannabile dei peccati: l’orgoglio. Se vale la seconda ipotesi, la condanna e il riscatto da parte del Cristo trovano piena spiegazione e la contraddizione non esisterebbe, secondo logica, all’interno della Bibbia. Resta, però, l’apparente contraddizione esterna con l’evoluzionismo, secondo cui l’uomo nasce dalla evoluzione, come attesterebbero reperti paleoantropologici. A parte il fatto che quei ritrovamenti non sono sufficienti a suffragare in modo inoppugnabile tutta quella teoria, possiamo però prenderla per buona, ma anche così, ci si deve chiedere: quel cranio che sembrerebbe appartenere all’uomo più antico, da quando incominciò a rendersi conto con ragione di avere un “libero arbitrio”? Ci sarà pur stato un momento in cui gli ex 0,600 lt di materia grigia, saliti a 1.500 già nei primi sapiens, contenuti in quel cranio hanno incominciato ad elaborare un pensiero reattivo verso un entità creatrice? Da quando il piteco divenne homo sapiens? Mosè era homo sapiens e con lui tutti gli umani, che componevano la sua specie del suo tempo, come a dire: era un adulto tra gli adulti. Non era un archeologo, non un paleontologo, non un antropologo; osservava gli esseri umani ed è ovvio che li considerasse “maturi” dalla Creazione. Inoltre, i sei giorni della creazione non sono necessariamente di 24 ore e il peccato di Adam non è nemmeno datato e poteva ben essere l’homo sapiens dei creazionisti, che aveva raggiunto la capacità di discernere il bene dal male. E allora: dov’è la contraddizione tra le due teorie? Si tratta di due interpretazioni del concetto di tempo, di possibile convergenza e Mosè e Darwin possono dormire in pace, mentre Dio non ha bisogno di dormire, ma di insegnare all’uomo che dopo i sei giorni della settimana gli deve riservare il settimo per adorarlo, glorificarlo e ringraziarlo del dono del libero arbitrio, che, mi scusino gli evoluzionisti… non è un processo biologico.