Non sto parlando del Giubileo, che ha visto calare a Roma milioni di pellegrini e non è finita. Questi si fermano lo stretto necessario di una confessione, una comunione, una benedizione, una salita ginocchioni alla scala santa. Poi, lasciati un po’ di peccati e di rifiuti (l’uomo anche più educato ne produce naturalmente) con adeguata valuta pregiata, se ne tornano alle loro parrocchie. Sto parlando dell’Italia, che sta al di qua del Tevere; quella che ha fatto un buco a Porta Pia per farci transitare orde di burocrati, politici, consiglieri, portaborse. Quelli, diversamente dai pellegrini, una volta varcato, il buco non tornano più indietro. Tutti, comprese le accademie, sentono il bisogno di mandare tutti. L’Università Cattolica i suoi boy scout; la Bocconi i suoi laici; l’Università di Torino i discendenti di Einaudi filtrato, poveretto, da Gobetti e figlio Giulio; Bologna i suoi prodi dossettiani; la romana Sapienza pensa al resto. Un cocktail di economia, politica, spirito di sacrificio per la collettività, dedizione al bene comune, volontà di servire il partito, la corrente, il Paese, l’associazione di categoria, il sindacato, la propria valle, il campanile e qui mi fermo, perché dopo ci potrebbe essere il condominio e l’appartamento. Risultato: l’economia italiana (ma si potrebbe dire anche: la società italiana) assomiglia tanto a un pugile dopo l’incontro. Propongo un nuovo termine: plaster economic, ovvero: l’economia del cerotto.