Tutte le civiltà, in modi diversi, hanno esaltato la figura dell’eroe. Chi era ed è costui? Gli etimologi scrivono che la parola deriva dal sanscrito vìra, da cui il latino vir e il greco héros e anche la nostra “virtù”, che a praticarla esige una qualche dose di eroismo. Il significato centrale è quello dei greci, che consideravano l’eroe un semidio, però mortale anche se miticamente perenne e degno di culto e di sacrifici di tipo infero e notturno, praticati direttamente sulla sua tomba. L’eroe era un essere che non temeva la morte, pur sapendo che ne sarebbe stato vinto, non sopraffatto, non tanto per la sua origine semidivina, ma perché accettava di vivere il fato con amore per l’azione oltre che per pietà verso gli dei. Il rapporto eroe-morte era un binomio indissolubile e i comuni mortali traevano conforto dall’esempio dell’eroe, che consideravano un punto di riferimento anche se non completamente imitabile. Che cosa è rimasto nel senso comune dei nostri giorni? La presenza della morte in un uomo che non la teme e che è capace di gesti eccezionali, ma che in uno di essi finisce per soccombere. Cioè un uomo non diventa eroe se non muore violentemente, perché il suo esistere – che è poi un cessare di esistere – si esplica ormai solo sui campi di battaglia, dove la morte è padrona incontrastata e verso la quale l’eroe si lancia sprezzante e incurante, perché l’azione vale più della vita. Allora il mondo si divide in due categorie: gli uomini che dal primo vagito lottano per sfuggire alla morte, che li rincorre in un una partita di caccia in cui la vittima designata non ha scampo e i rari eroi, che invece le vanno incontro con sfida così aperta, che talvolta riescono persino a sorprenderla. Ma è lo sbandamento di un attimo, perché “nostra sora morte corporale”, per dirla con San Francesco, si riprende subito dallo stupore e così finisce a “vermi” per gli uni e gli altri. Questi, se va bene, si prendono una medaglia “alla memoria” dai codardi che sopravvivono ancora per poco. Ma la riconoscenza non è di questo mondo. Talvolta l’eroe perde anche le medaglie, perché arrivano gli storici e riscrivono tutto di nuovo. Proviamo a dare in pasto Nelson o un Francesco Baracca a uno storico! Lo storico è l’opposto del becchino: questo inuma, quello esuma. Shakespeare aveva capito tutto. Basta vedere Amleto.