Numeri zero e uno: architravi del mondo (Zero and One numbers: the architraves of the world)

 

Non chiediamoci se la numerologia sia una scienza oppure una cabalistica più o meno esoterica.

Consideriamo che la matematica binaria, che oggi, attraverso il computer, regge il mondo, è riducibile a due soli numeri: 0 e 1, la cui associazione e combinazione, fa andare l’abitante della minuscola Terra oltre la Luna.

Fermiamo l’attenzione, almeno per un attimo, su questo binomio.

  1. Dello 0 l’uomo a fatto a meno fino al VI secolo, quando in India ne fu scoperta l’utilità come numero associabile agli altri. La sua ignoranza non impedì lo sviluppo delle grandi civiltà dell’antichità e del Medio Evo italiano, che dovette attendere la mediazione araba. Probabilmente si riteneva che lo zero avesse significato, non di numero, ma di nulla e il nulla è irrappresentabile avendo un significato solo filosofico. Ancor oggi è nel gergo comune l’accusa: «Non vali uno zero» come eufemismo di «Non vali niente», il che consente di ritenere che lo zero sia un numero, ma anche un filosofico “nulla”, una inesistenza, ma anche un “non essere”, una “non sostanza”.
  2. 1, invece, è tuttora il “re dei numeri”. Quello che, moltiplicandosi, genera tutti i seguenti. Se lo zero ha una funzione filosofica (significare un “nulla”), l’1 ha una funzione teologica, almeno per le religioni monoteiste. Dio è “uno” e il Cristianesimo non vi deroga, perché il mistero della Trinità, essendo una espressione di tre persone in un’unica sostanza, non è una reductio ad unum, perché non c’è una pluralità da ricomporre, ma una unità inscindibile sin nell’origine, se ci fosse un’origine, che, invece, è l’inesprimibile eternità, priva di inizio e di fine. Inesprimibile non è nemmeno la parola esatta, se si pensa a Dante, che nel XXXIII Canto del Paradiso  così descrive il mistero della Trinità (versi 114-119), dimostrando di saper esprimere l’inesprimibile:

 Ne la profonda e chiara sussistenza
de l’alto lume parvermi tre giri
di tre colori e d’una contenenza;

e l’un da l’altro come iri da iri
parea reflesso, e ‘l terzo parea foco
che quinci e quindi igualmente si spiri.

Ricordiamo il mito della mela spaccata in due, che tende a ricomporre l’unità, come sostiene Aristofane, mito ripreso da Platone nel  Simposio.

Generalizzando si potrebbe dire che  tutto il mondo tende all’unità originaria e su questo punto possono concordare creazionisti ed evoluzionisti. Il Cristianesimo, con la fede nella risurrezione dei corpi, afferma il superamento dell’endiadi anima-corpo.

Significativi, sul punto, i versi 13-15 del Canto XIV, del Paradiso di Dante:

 “…Diteli se la luce onde s’infiora

vostra sustanza, rimarrà con voi

etternalmente sì com’elli è ora…”.

 Senza sminuire la fondamentale importanza della matematica dell’infinito, il ritorno all’uno sembra il ritorno conclusivo e definitivo dell’avventura scientifica e spirituale dell’uomo, pur nella sua temporanea vivenza su questa minuscola briciola, che è la Terra nell’universo.