Pochi uomini, e sono i più grandi nella storia, riescono a svolgere la funzione di ponte tra due epoche, («…due secoli, l’un contro l’altro armati…ed arbitro s’assise in mezzo a lor…» “Il cinque maggio” di Manzoni) o, meglio, a porre le premesse per una svolta nella storia. Dopo di loro il mondo non è più lo stesso. Si pensi a Cesare nella politica, a Cristo nel cammino dell’umanità verso la redenzione e la salvezza, a Kant nella storia del pensiero, che partì dall’Illuminismo per gettare le basi del Romanticismo attraverso l’idealismo. Non era forse ciò che desiderava, ma accadde. Dobbiamo pensare che pur senza il Romanticismo l’Illuminismo si sarebbe comunque evoluto, ma in una direzione ben diversa. Non è possibile, nemmeno per ipotesi, pensare a ciò che, in assenza, sarebbe potuto accadere. Avrebbe potuto evolversi in un cosmopolitismo generalizzato sulle radici di quello francese settecentesco in un mondo senza guerre. Ma è un pensiero ingenuo e ottimista. Doveva esserci qualcosa di insostenibile nell’Illuminismo, se, per reazione, sorse il Romanticismo, che a sua volta generò il nazionalismo, cioè il contrario del cosmopolitismo. Lo stimolo a creare nazioni sembrerebbe essere stata la matrice delle due guerre mondiali del Novecento. Ma anche questo è un pensiero riduttivo e semplicistico. Il fatto è che ogni movimento ha già in sé le premesse del suo dopo. Non ci sono salti. C’è continuità sostanziale. La storia dimostra che tutto è evoluzionismo, non darwinismo, che è altra cosa.