Theodor W. Adorno, sulla cui coerenza di vita politica è bene stendere un velo pietoso, almeno stando ai giudizi e ai ricordi di Hannah Arend (“Carteggio: filosofia e politica”), è stato innegabilmente un talento della filosofia (“genio” sarebbe inadatto alla disciplina) e della critica musicale. Questa dote non lo ha risparmiato dalla contraddizione. In “Minima moralia”, n. 85, scrive: ” …Carl Schmitt definì l’essenza della politica con le categorie amico e nemico. Il progresso che conduce a questa coscienza fa propria la regressione alla condotta del bambino, che vuol bene o ha paura. La riduzione a priori al rapporto amico-nemico è uno degli aspetti fondamentali della nuova antropologia. La libertà non sta nello scegliere tra nero e bianco, ma nel sottrarsi a questa scelta prescritta. ” Anche Schmitt era tedesco e lasciamo i suoi rapporti con Adorno a una bega in famiglia, ma questi, nell’aforisma n. 85, è caduto in un vizio di esistenzialismo, proprio lui che coltivò contro Heidegger un odio viscerale, analogo a quello tra Schopenhauer e Hegel (ma come si amano questi tedeschi!). Si può essere d’accordo che il mondo non è solo bicolore: o bianco o nero, ma sottrarsi a una scelta, prescritta o no, non è libertà, perché la libertà è proprio nello scegliere. Anzi libertà senza scelta è soccombenza, è rinuncia, è vigliaccheria, è comodità. Che avesse ragione Hannah Arendt?