Penso sia sconsigliabile lavare panni chiari nel Tamigi. Non sai di che colore può restituirteli. È una storia vecchia e tradizionale. Prendiamo il latino che, secondo esperti è la base di più della metà delle parole di Sua Maestà britannica. Dopo una sciacquata nel Tamigi, che cosa ti restituisce l’inglese? A parte un suono di uno che si è mangiato la glottide e non l’ha digerita, la deviazione è nel significato. Si prenda per esempio “monitor”. In latino significa “rammentatore”, aiutante suggeritore dell’avvocato nel foro, che trascinato dalla sua foga retorica corre il rischio di perdere il filo del discorso. Alla corte del re Filippo il Macedone i monitor erano due e avevano il compito di ricordare continuamente a Sua Maestà di “essere uomo”. Non era una professione redditizia, perché è difficile essere ben disposti con chi ti ricorda continuamente che sei più o meno mezzo quintale di molecole in disfacimento. Rende di più se, come lo specchio della matrigna di Biancaneve, ti dicono che sei bello, intelligente, sempre giovane e imperituro. Il monitor no. È pagato per dirti che sei cenere. Invece, che ci ha restituito il Tamigi? Uno specchio di un ventina di pollici, in cui puoi ammirare tutta la tua potenza, l’intelligenza che ti sei fabbricata con le tue stesse mani (a self-made man dice il Tamigi), l’abilità con cui riesci a violare la privatezza (rectius: privacy… sorry) dei conti bancari di Elisabetta Windsor, eccetera eccetera. Va bene tutto, purché almeno la parola monitor dopo il bagno in Tamigi mantenga un brandello del suo antico significato. Farebbe bene anche all’informatica.