Le finanze statali fanno acqua, il debito pubblico esonda: c’è bisogno di soldi. Ma dove prenderli? Non sembra un gran problema, basta trovare il modo più sicuro e più semplice. E che ci sarebbe di più semplice di tornare alle marchette, meglio se sostituite da un tassametro, applicato alla moda della cintura di castità delle mogli dei crociati in partenza per la Terrasanta? Basta un piccolo bollino e ce n’è d’avanzo per risanare con quello italiano anche il deficit degli Usa, non fosse che i puritanissimi agenti si farebbero corrompere in natura.

Stiamo parlando del mestiere più vecchio del mondo, anche se è un dopo Eva, visto che la progenitrice aveva un solo uomo a disposizione, privo di una costola, ma ben dotato sul resto. Non si è mai ben capito perché, essendo un mestiere, sia stato considerato peccaminoso e degno di persecuzione. Forse, parolacce a parte, era peccaminoso fare il carrettiere? O il falegname? O il fabbro ferraio? O il muratore? No di certo! E che dire dello spazzino, chiamato anche scopatore di marciapiede? Questo, peccaminoso proprio no. E perché la scopatrice, invece, sì? Non si è ben capito. Ma una cosa si era compresa appieno nei tempi andati: che la prostituzione è insopprimibile e, allora, tanto vale chiuderla in casa. Cioè metterla sotto controllo medico-fiscale. Tutto bene, baronessa! Finché un giorno arrivò una politichessa, vestita da Figlia di Maria, ma in più cretina, una delle “pari opportunità” con “quote rosa” ante litteram, che disse: chiudere le case chiuse (come si possa chiudere una casa già chiusa solo lei poteva saperlo!), ma aprire i marciapiedi (questo non lo disse, perché la tipa pensava solo alle autostrade, che proprio i marciapiedi non li sopportano!).

Il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 non classificava i “Redditi diversi”, perché il legislatore aveva optato, all’art. 80, per una norma residuale di chiusura.

Dopo venne la riforma fiscale del TUIR 917/1986, che affermò un principio fondamentale: via le norme residuali di chiusura, perché sono redditi solo quelli che la legge dichiara ed elenca tali (si veda l’attuale art. 67), cioè, il nuovo legislatore optò per un diritto tributario “a casistica”. Ma sfuggivano alla tassazione i “proventi da attività illecite” non classificabili nelle categorie di reddito di cui all’art. 6, comma 1, e, allora, ecco la soluzione: l’art. 36, comma 34-bis del D.L. 223/2006. Ma non basta: ci vuole anche la benedizione della Santa Inquisizione. Perché Santa? Non perché è santa la norma, ma perché lo è la corte che ne fa uso! Anzi, secondo la Cassazione, in ordinanza 5 gennaio 2010, n. 37, la novella normativa ha effetto retroattivo. E così eccoti fregate un’altra volta le facitrici di fugaci sfoghi a pagamento anche se a far le veci di case chiuse sono i falò delle aree di sosta.

Non c’è bisogno di precisare che ci sto scherzando sopra, amareggiato che non ci sia più la statua di Pasquino per appenderci un libello. Ma la realtà è quella che è e non sono certo parole o facezie a cambiare la realtà delle cose.

La Cassazione, dove finiscono i poveri ermellini macellati per onorare eccellenti, anzi eminentissimi, mantelli posati su aulici omeri, ebbe già a dichiarare la tassabilità dei redditi da prostituzione.

Fresca è la sentenza 13 maggio 2011, n. 10578, che, partendo dal presupposto che la prostituzione non è più un reato, ma un mero illecito civile, quei proventi derivano da prestazione di servizi e, pertanto, da assoggettare a IVA. Ebbene, tutto ciò è coerente con il nuovo sistema e la Cassazione non è criticabile, perché le leggi le fa il Parlamento; i giudici sono solo degli interpreti, anche se un po’ troppo liberi. L’assoggettamento a IVA è però condizionato, afferma la Cassazione, allo svolgimento con “abitualità” e qui si pone un qualche problema, che, forse, i giudici non avevano previsto: l’abitualità significa un certo numero di volte, il che è facile da provare se l’esercizio commercial-servizievole avviene sul marciapiede, quasi fosse un negozio con insegne al neon e vetrine illuminate. Ma se, più modernamente, avviene in appartamento? Lo vedete l’agente delle tasse in veste di confessore: «Quante volte figliola?». E se si tratta di una escort? Come si fa a distinguere la parte di compenso riservato all’agenzia reclutante da quella di stretta  pertinenza della signorina? Ma che problema mi va a tirar fuori lei signor pedante azzeccagarbugli? Le escort sono esenti da tutto, se poi fanno da testimone contro il premier di turno…! La sentenza afferma anche il principio che il reddito da prostituzione è induttivamente desumibile da analisi dei conti bancari delle lucciole. Tutto giusto, anche perché solo così si può parlare di “pari opportunità” (la Carfagna non si agiti più di tanto!), di rispetto dell’art. 53 della Costituzione, ecc. ecc.

Trascuriamo anche il problema che ogni imprenditore deve affrontare: il bollino blu e il certificato di qualità. Potrebbe creare nuovi posti di lavoro nelle agenzie dei certificatori, che, poi, per certificare responsabilmente devono sperimentare di persona. Sarebbe anche un vantaggio per lorsignorine: chi ha il bollino può applicare tariffe più alte. La qualità va riconosciuta…perbacco! O no?

E che dire dei clienti che non pagano? Ogni buon imprenditore ricorre alla cessione del credito, al factoring, all’anticipazione bancaria su fatture e, raffinatezza tra le raffinatezze, all’assicurazione dei crediti. Che ci sarebbe di strano? Sono o non sono imprenditrici pure loro? E che differenza c’è rispetto all’idraulico che usa lo stura lavandino ?

Però, mi sia consentito di provare un sentimento di ribrezzo: lo Stato scarica bombe sulla Libia e una quota ideale di quella spesa proviene da un prelievo da imposta sulla prostituzione. Bisognerebbe ribellarsi due volte, ma non si può, perché lo stato fa solo guerre sante, anche se da prostituto a prostituto. Qualcuno potrebbe anche sostenere, a tal punto, di dare medaglie al valore alle lucciole, perché con il sacrificio del loro corpo imprimono un marchio di santità alle pallottole per una guerra santa. E poi, diciamolo francamente: una medaglietta non si nega mai a nessuno, a meno che non sia un eroe vero, che in un paese di prostitute non è considerato, forse perché è un isolato, che non rende voti, in mezzo a un esercito che, invece, le sue battaglie le combatte nelle cabine elettorali e nei gazebo e con quanto eroismo…si vede.

È ovvio che questa che ho raccontato è una fiaba e come da tutte le fiabe se ne può trarre un insegnamento di carattere pratico: a voler raddrizzare le gambe ai cani si finisce per fratturargliele e poi a caccia chi ci mandiamo? I PM? Avvertiva il buon Manzoni: «Adelante Pedro, cum juicio…si puede.» Ma si “no puede”?