Niccolò Tommaseo, che probabilmente non avrebbe condiviso l’arroganza della filosofia ermeneutica attuale, definì l’interpretazione: “la spiegazione di ciò che non è ben chiaro”. Questo è l’approccio dello storico corretto, anche quando si tratta di fatti vissuti personalmente o di personaggi o autori amati. Anacleto Verrecchia, storico delle idee di Arthur Schopenhauer, Georg Christoph Lichtenberg, Piero Martinetti, Giuseppe Prezzolini e Giordano Bruno, con l’onestà intellettuale che lo distingue, segue questo criterio e alla fine più che una descrizione delle idee compie uno scandaglio dello spirito, convinto, com’è, che idee e fatti della vita si influenzano a vicenda, in quella unità che è l’uomo. 
L’ultima sua fatica è il libro, da poco in libreria, Schopenahuer e la Vispa Teresa, che ripercorre le tappe dei viaggi in Italia del filosofo tedesco. Il titolo, peraltro felice, può risultare ingannevole. Verrecchia con il suo noto stile brioso e sanguigno, descrive, dopo appassionate e faticose ricerche, le soste di Schopenhauer nel nostro paese, che non si limitarono all’attenta osservazione dei monumenti, ma anche a intensi approcci amorosi, soprattutto a Venezia, dove una dama affascinante gli riscaldò il cuore e i sensi. Da qui il titolo “Vispa Teresa”, ma vispo si rivelò soprattutto Schopenhauer. Verrecchia prende Teresa Fuga come riferimento iniziale per indagare gli amori antecedenti e successivi del filosofo e, obiter dicta, anche la sua pragmatica tenacia e perspicacia nel difendere il patrimonio avuto in eredità dal padre, la cui rendita gli garantiva la libertà di esprimere taglienti giudizi sui suoi contemporanei e di scrivere senza mendicare  obbliganti favori o cadreghe universitarie. Ne esce un quadro inaspettato di uno Schopenhauer, che spiega non pochi punti del suo pensiero, che a chi si limita ai testi sfuggirebbero, perché il filosofo fu sempre custode  e guardiano di quella che oggi si usa dire con stupido plagio anglosassone: “la propria privacy”.
Schopenhauer fu un amante generoso e non di maniera, che lasciò anche segni di paternità e qui scatta un dubbio fugace: come si concilia il suo pessimismo, potrei dire leopardiano, con queste escursioni amorose e sessuali? A ben vedere, non c’è contraddizione: si può essere pessimisti senza vivere in cenobio, perché il pessimismo è un atteggiamento spirituale e può coesistere con una vita affettiva anche se instabile. Inoltre, Schopenhauer tradusse le sue idee sull’amore nella famosa Metafisica dell’amore sessuale (Introduzione di Verrecchia), in cui dimostra l’istintualità e non la razionalità di ogni rapporto amoroso. I suoi rapporti con Teresa Fuga e con le altre donne Caroline e Flore, assai meno affascinanti e spiritose forse perché non italiane, sono una dimostrazione coerente con l’irrazionalità dimostrata nella “Metafisica”.
Verrecchia illustra, anzi dimostra, questa nota della vita di Schopenhauer, che trovo importante per capire il filosofo, ancor oggi molto letto più per i suoi taglienti aforismi e il noto volontarismo cosmico, ma non sempre capito su alcuni punti fondamentali. Schopenhauer è scrittore elegante, chiarissimo e di rara efficacia, ma non lo si confonda con Oscar Wilde, non solo perché, diversamente dall’inglese, amò solo “Terese” e vispe, ma perché la sua genialità si rivolse allo spirito e non all’epidermide.
Schopenhauer è filosofo apparentemente facile. Thomas Mann, nel romanzo i Buddenbrook descrive lo sconvolgimento del personaggio Thomas alla prima lettura del Mondo come volontà e rappresentazione.  Nietzsche affermò di aver comprato quel libro solo per caso e di esserne rimasto sconvolto già scorrendolo. Pur con qualche dubbio sulla verità di certe immediatezze, penso: beati loro che lo hanno capito al primo approccio. Confesso di aver perso molte ore sul rovesciamento dell’interpretazione della “cosa in sé” rispetto a Kant e di avere ancora non poche perplessità per un’adeguata comprensione, anche perché quel passaggio è essenziale per interpretare la funzione e i limiti della scienza e – forse influenzato dalla mia professione – dell’economia. La “volontà” in Schopenhauer è spiegazione della vita, che esige indagine lessicologica (si veda il Capitolo Quinto “Linguistica” nella Volontà della natura), ma è soprattutto una tensione, una forza dinamica, che dalla metafisica scende all’azione pratica quotidiana, operativa fino all’irrazionalità, alla fisica.
Ma anche a chi non intenda avventurarsi nel profondo, consiglio la lettura del libro di Verrecchia. L’amore, comunque lo si voglia intendere e giustificare, se è passione, trasporto e abbandono anche solo fugace, è pulsione che merita attenzione.

Pietro Bonazza