La borsa è sempre stata un mercato difficile da interpretare, anche quando la new economy era inimmaginabile. Basti riandare con la memoria ai giorni del famoso crollo del 1929. Oggi le incertezze e le imperscrutabilità sono cresciute in proporzione al numero degli operatori, in cui, complice Internet, dobbiamo mettere i singoli risparmiatori-scommettitori, che operano personalmente e direttamente via computer. Ma a complicare le cose si danno un gran daffare anche esperti, analisti e responsabili di banche d’affari, gestori di fondi di investimento, amministratori di gestioni patrimoniali ecc., che parlano continuamente usando i giornali come amplificatori delle loro analisi. Verrebbe la tentazione di chiedere il silenzio con un perentorio: “se steste zitti, si potrebbe sentire il rumore delle borse che salgono e scendono.” Ma sarebbe fatica sprecata, perché due sono i motivi che spingono alla facondia borsistica: · parlare per spingere il mercato in una direzione voluta e conveniente per loro e i loro clienti. Non si può parlare di insider trading, che è, formalmente, un’altra cosa, ma una qualche analogia sostanziale esiste. Anche l’aggiotaggio è un’altra cosa, eppure si può rinvenire una qualche analogia in certi rumor, termine inglese con significato abbastanza analogo a “soffiata” o “insufflazione”, in senso non ecclesiastico. C’è però un prezzo da pagare ed è, agli occhi della gente, lo scivolamento nel secondo motivo. Uno potrebbe sostenere che ha sbagliato volutamente per fare i propri interessi, ma non potrebbe dichiararlo troppo esplicitamente, non solo per rischio di una qualche imputazione (nel codice penale c’è tutto, anche il non scritto, per lasciar spazio anche alla fantasia del giudice), ma perché, tacendo per necessità, anche l’intelligentone di mala fede finisce per fare la figura del cretino; · parlare per arieggiare il cavo orale e garantirsi così proprio la figura del cretino. Purtroppo è vero che, come afferma il titolo di un libro di Fruttero & Lucentini, esiste “La prevalenza del cretino” e che, se i cretini sono tanti, finiscono per prevalere, ed è altrettanto vero che la mamma del cretino è sempre incinta ed è ancor più vero che il cretino non sa di esserlo. Una soluzione ci sarebbe: non considerarli, ma non è facile. È come il caldo umido d’estate: non puoi dire di non considerarlo, perché te lo devi comunque sopportare. Puoi andare in Groenlandia, ma per le borse non vale, perché la notizia del su e giù ti raggiunge anche lì. Sembrano considerazioni un po’ esagerate e, per il bene che voglio all’umanità, mi auguro sempre che sia vero il contrario. Però è troppo frequente il caso di fessaggini borsistiche. Prendiamo per esempio un’intervista apparsa il 4 ottobre 2000 su un quotidiano, che ha una pagina economica piuttosto pretenziosa. L’intervistato, un analista esperto e direttore di asset management, che passa i suoi giorni a comprare e vendere azioni, afferma perentorio, dopo aver condito la salsa economico-finanziaria con riferimenti a politiche di tutto il globo terracqueo, comprese ipotesi di guerre e altre terribilità: ” Se non ci sarà uno choc petrolifero nel mese di ottobre, i mercati azionari statunitensi ed europei potranno crescere del 10 per cento “. Il tutto da riferire all’ultimo trimestre del 2000. Ognuno di noi può controllare che cosa è accaduto in quello scorcio di tempo o, meglio, che, pur non essendovi stato uno choc petrolifero, il 10 per cento ha sbagliato segno. Ma l’intervistato voleva vendere, comprare o alitare? e il giornalista che lo ha intervistato, per non parlare dei lettori, avrà seguito il consiglio o scelto l’esatto contrario? Non si sa. Non vogliamo saperlo. È meglio scegliere lanciando la monetina, come fanno gli arbitri di calcio per stabilire il campo. Dopodiché vinca il migliore, ammesso di poter stabilire chi sia il peggiore.