ASSOCIAZIONE ITALIANA DOTTORI COMMERCIALISTI 

COMMISSIONE NORME DI COMPORTAMENTO E DI COMUNE INTERPRETAZIONE IN MATERIA TRIBUTARIA


NORMA DI COMPORTAMENTO N. 177
 

SPESE DI OSPITALITA’ OFFERTE A SOGGETTI DIVERSI DAI CLIENTI E CONSEGUENTE TRATTAMENTO  FISCALE

 

Massima

Le spese di ospitalità (vitto, alloggio e viaggio) sostenute, per finalità diverse dalla promozione e dalle pubbliche relazioni, a favore di soggetti diversi dai clienti e potenziali clienti, non sono da comprendere nel novero delle spese di rappresentanza.  Il trattamento fiscale delle spese in questione è da individuarsi in base al principio di inerenza di cui all’art. 109 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi e alle regole di detrazione dell’IVA di cui all’art. 19, comma 1, del Decreto Presidente della Repubblica nr. 633 del 26 ottobre 1972.

 

 

L’art. 108 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi disciplina la deducibilità delle spese di rappresentanza ai fini delle imposte sui redditi e l’art. 19-bis 1, lett. h del Decreto Presidente della Repubblica nr. 633 del 26 ottobre 1972 nega la detraibilità dell’imposta sul valore aggiunto per le spese di rappresentanza come definite ai fini delle imposte sui redditi.

 

La disciplina ha trovato attuazione e completamento con il decreto 19 novembre 2008 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 15 gennaio 2009 che, per quanto di interesse, prevede i criteri in  base  ai  quali  le  spese di rappresentanza sono per disposizione di legge inerenti, individuandoli nel fatto:

          che le spese in questione siano caratterizzate dalla gratuità [1] e abbiano finalità 

            promozionali [2] o di pubbliche relazioni  ;[3]

          che il loro sostenimento risponda comunque a criteri di ragionevolezza in funzione 

            dell’obiettivo di generare, anche potenzialmente, benefici economici per l’impresa, ovvero

            sia comunque coerente con gli usi e le pratiche commerciali del settore in cui l’impresa si

            trova ad operare e competere. 

 

La sola presenza della gratuità non è pertanto di per sé sufficiente a qualificare la spesa come “di rappresentanza”, tanto che anche la relazione di accompagnamento al decreto 19 novembre 2008 sottolinea l’esistenza di altre fattispecie di “erogazione gratuita di reddito” che non possono qualificarsi come “rappresentanza”, quali le erogazioni ai soci o a loro familiari, l’autoconsumo, le liberalità a dipendenti o collaboratori, alle quali la disciplina fiscale del reddito d’impresa riserva altri trattamenti .

[4] L’art. 1, comma 5 del decreto 19 novembre 2008 individua una specifica fattispecie di spese di ospitalità (spese di viaggio, vitto e alloggio sostenute per ospitare clienti, anche potenziali, in occasione di mostre, fiere, esposizioni ed eventi simili in cui sono esposti i beni e i servizi prodotti dall’impresa o in occasione di visite a sedi, stabilimenti o unità produttive dell’impresa) che non sono considerate spese di rappresentanza “pur essendo  erogazioni  gratuite  al  pari  di  quelle esplicitamente ricomprese tra le spese di rappresentanza indicate  al  comma 1 dell’art. 1 del decreto 19 novembre 2008” (relazione di accompagnamento al decreto).

 

In base a quanto sopra, le spese di ospitalità possono essere qualificate alternativamente come segue:

1.         le spese di ospitalità di cui al comma 5, dell’art. 1 del decreto 19 novembre 2008 non sono

            spese di rappresentanza;

2.         le spese di ospitalità sostenute a favore di soggetti diversi dai clienti anche potenziali ed

            aventi finalità promozionale o di pubbliche relazioni sono spese di rappresentanza;

3.         le spese di ospitalità da non comprendere nelle due fattispecie precedenti non sono spese di

            rappresentanza.

 

Le spese di ospitalità sostenute a favore di soggetti terzi rispetto ai clienti (o potenziali clienti), tra cui rientrano quelle sostenute a favore, ad esempio, di fornitori, agenti e rappresentanti e di altri operatori il cui coinvolgimento nell’illustrazione dell’attività aziendale sia ritenuto meritevole da parte dell’imprenditore, non possono essere comprese nella prima fattispecie, la quale indica puntualmente la necessità che il beneficiario sia un cliente (almeno potenziale) ed anche che le spese siano sostenute in occasione di mostre, fiere, esposizioni ed eventi simili in cui sono esposti i beni e i servizi prodotti dall’impresa o in occasione di visite a sedi, stabilimenti o unità produttive dell’impresa.

Tali spese possono essere comprese nella seconda fattispecie, e qualificarsi quindi come spese di rappresentanza di cui al comma 1, dell’art. 1 del decreto 19 novembre 2008, solo se le stesse presentino il carattere della gratuità e siano inoltre sostenute per finalità promozionali o di pubbliche relazioni.

 

In presenza di una spesa di ospitalità a favore di soggetti diversi dai clienti o potenziali clienti, e di motivazioni economico-aziendali differenti dalla mera finalità promozionale o di pubbliche relazioni, deve escludersi la qualificazione dell’onere come spesa di rappresentanza. Da ciò non deriva tuttavia automaticamente la deducibilità o l’indeducibilità dell’erogazione (pur se gratuita) ai fini delle imposte dirette e la detraibilità o l’indetraibilità dell’imposta ai fini IVA, ma ne consegue soltanto che la deducibilità e la detraibilità siano da verificare secondo i principi generali di determinazione del reddito di impresa (tra cui quello di inerenza di cui all’art. 109 TUIR) e dell’imposta sul valore aggiunto (art. 19, comma 1,  D.P.R. 633/72).

 

In particolare nel caso dell’ospitalità offerta a fornitori, agenti e rappresentanti, di norma la finalità perseguita è quella di una migliore economicità nella gestione degli affari dell’azienda  [5] e, per questo motivo, la spesa va in genere ricondotta tra gli oneri di gestione inerenti  [6]   all’attività dell’impresa qualora sia possibile provare che gli stessi siano correlati in senso ampio all’impresa in  quanto tale [7] con la conseguente detraibilità dell’Iva e deducibilità del costo ai fini delle imposte sui redditi.

 

Tuttavia non può essere escluso a priori che anche nelle offerte di ospitalità a favore di soggetti diversi dai clienti possano ravvisarsi finalità di pubbliche relazioni, ogni qual volta esse siano finalizzate esclusivamente a fornire una positiva immagine dell’azienda. In tal caso gli oneri sono da qualificare come spese di rappresentanza, applicandosi l’indetraibilità dell’Iva (art. 19-bis 1, lett. h, D.P.R. 633/72) e la specifica disciplina di tali spese per le imposte sui redditi di cui all’art. 108 TUIR.

 

 

[1]  Il carattere della gratuità è da intendere come l’inesistenza di un obbligo di fare, non fare, permettere o dare, a carico del destinatario dell’erogazione

[2]  Le attività “promozionali” sono dirette a consolidare l’immagine dell’impresa attraverso iniziative promozionali non riconducibili nel più ampio contesto di una iniziativa pubblicitaria.

[3]  Le attività di “pubbliche relazioni” sono da ricondurre a quelle  iniziative  volte  a  consolidare  l’immagine  positiva dell’impresa attraverso una  rete di rapporti.

[4]  Ad esempio l’art. 100 del Tuir prevede che le spese relative ad opere e servizi utilizzabili dalla generalità dei dipendenti o da categorie di dipendenti volontariamente sostenute per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria  o culto sono deducibili per un ammontare complessivo non superiore al 5 per mille dell’ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultanti dalla dichiarazione dei redditi.

[5]  Si pensi all’ipotesi di ospitalità offerta in occasione della stipula di contratti di acquisto, di meeting organizzativi delle strategie commerciali ecc..

[6]  Contra Circolare Agenzia delle Entrate 13 luglio 2009 n. 34/E (paragrafo 6.1.1.)

[7]  Si veda Corte di Cassazione, sentenza n. 1465 del 21 ge