Ammetto di avere più di una difficoltà a capire Schopenhauer, forse perché, anche se ci teneva tanto, non è un filosofo, ma un pensatore libero, cioè qualcosa di più e di sfuggente. Un filosofo puoi criticarlo, ma uno spirito libero o lo respingi o devi accettarlo per come ti appare. La sua preferenza per il buddismo è sospetta. Sembra la scelta di uno che, dopo aver aspramente criticato tutte le manifestazioni del cristianesimo e dell’ebraismo, si ritrova aria nei pugni e, avendo bisogno di un riferimento, finisce nell’esoterico. Ciò spiegherebbe anche la sua accettazione della metempsicosi: le anime trasmigrano nei corpi dei viventi in cui si reincarnano. Il buon vecchio e iracondo Arturo non doveva essere un eccellente matematico: se le anime dei trapassati migrano nei viventi, è necessario che i numeri coincidano, se no qualcosa non quadra. Se sono di meno c’è qualche corpo che rimane vuoto di anima; se sono in eccesso, c’è qualche anima che resta disoccupata. È pur vero che, almeno in Italia, ci sono i sindacati, che, avendo dato buona prova di sana gestione degli enti previdenziali pagando pensioni a defunti, possono occuparsi delle anime che restano a spasso, però la matematica non è un’opinione. Forse il nostro non conosceva i traffici del Cicikov delle “Anime morte” di Gogol. Schopenhauer è uno scrittore affascinante e provocante, però sono contento che abbia scansato di occupare il mio involucro. Per rispetto di libertà reciproca, preferisco entrare io nei suoi libri, quando ne ho voglia, piuttosto che sia lui a entrare in me. E qui sta anche la sua contraddizione, tra le tante: come può uno spirito libero ammettere che l’anima di uno spirito libero entri in un corpo non suo, togliendogli la libertà della sua originalità?