Dopo il terremoto ci si deve attendere il maremoto e, allora, è prudente fuggire verso la cima del monte, se c’è.
Per il cittadino-contribuente italiano può valere l’apologo, soprattutto nei suoi rapporti con l’attuale Stato, che è tutto fuor che “di diritto”. L’asserzione può essere spiegata così.
In Italia esisteva e tuttora esiste una situazione di evidente necessità. Anni di spese folli da parte dei pubblici poteri e l’illusione di poter vivere al di sopra dei propri mezzi hanno prodotto un debito pubblico astronomico, che impone tagli e prelievi forzosi (l’eccesso di pressione fiscale equivale a un “prestito forzoso irredimibile” e senza interessi), realizzati prevalentemente con tributi diretti e personali, che, accompagnati alla inefficienza dello stato nella fornitura di servizi, crea un clima sociale che spinge a reazioni violente (suicidi e tentativi di omicidio contro Equitalia) e non violente (evasione e fuga di capitali all’estero). Ma lo stato, proprio perché detentore del potere esercitato con la forza (Carl Schmitt insegna) si difende, contro la violenza con i carabinieri e contro la non violenza con la guardia di finanza. Ma, dopo la prima ondata (terremoto) con i tributi diretti, si appresta all’impiego della leva delle imposte indirette (maremoto), considerate più neutrali, spersonalizzate, facili da applicare, a costi di gestione più bassi, ed estese a tutti i consumatori. Questi pregi delle imposte indirette si leggono in molti manuali di scienze delle finanze, ma si dimentica che le imposte dirette in realtà colpiscono il reddito e, quando diventano requisitorie, il capitale, de residuo, mentre le indirette incidono sulla domanda, che sotto certi livelli, e l’Italia è già scesa dal primo piano alla cantina, alimentano la recessione economica, la stagnazione e l’inflazione. Fin qui è tutto chiaro ed elementare. Le cose si complicano quando  le imposte indirette si associano pericolosamente alle dirette, nel senso che le indirette colpiscono la spesa cioè i consumi, come rivelatori presunti di capacità di reddito, il che, entro certi limiti può essere vero e anche tollerabile. Se un soggetto viaggia in automobile da centinaia di migliaia di euro, può essere equo che lo stato pretenda coerenza tra la spesa e il reddito dichiarato, ma è questione di limiti, varcando i quali ne va della libertà del cittadino-contribuente. Redditometri, spesometri, parametri ecc., spesso costruiti con algoritmi cervellotici e di cui non è nemmeno possibile conoscere e controllare la logica (che non c’è) sono impiegati a man bassa da un fisco rapinatore gestito da sceriffi armati fino ai denti, legittimati da una magistratura tributaria e penale che gli fa da spalla in molte sentenze anche di ultimo grado. Oggi una festa di matrimonio o di battesimo, un regalo alla moglie o all’amante, un viaggio in crociera, una settimana in un albergo termale ecc., ancorché la relativa spesa sia fiscalizzata in modo regolare, devono essere enunciate perché sono elementi significativi di una capacità di reddito. Di questo passo arriveremo al punto che bisognerà dichiarare di aver preso il biglietto del tram e se viaggiamo in automobile, oltre a pagare Iva e accise sulla benzina che ne elevano il prezzo alla pompa a 2 Euro al litro (giusto! Il petrolio non è forse l’oro nero?), bisognerà dichiarare, dimostrare, documentare. Ma l’informatica ci risparmierà almeno la coda davanti a uno sportello burocratico. E come? Togliendo la possibilità di spendere il proprio reddito nel modo più libero: il biglietto di banca, che sarà sostituito da POS, moneta elettronica, tessere magnetiche, che tutto registrano, riportano e deferiscono, cosicché anche la libertà di spesa va a… Ovviamente una giustificazione il capo degli sceriffi la trova: l’Italia è il paese che meno fa uso di moneta elettronica e urge armonizzarci ai paesi più avanzati, ma il capo dimentica che in questi paesi sistema e amministrazione fiscale sono diversi. Però, ignorare le reazioni dei contribuenti non giova. Non si pretende che gli illustri economisti che ci governano, senza che nessuno li abbia votati ma rubati alle arie rarefatte delle accademie, abbiano conoscenza della curva di Laffer, se no saprebbero che il contribuente non è del tutto disarmato. Poiché gli speso metri toccano le spese non di prima necessità (però aspettiamoci la tassa sul pane, ma a ben vedere c’è già!) il contribuente consumatore può reagire in due modi: o evade o non spende cioè “evade la spesa”. Si spiega anche perché i natanti si rifugiano in porti stranieri, i frontalieri fanno benzina ai distributori dei paesi confinanti, ferie e cure idroterapiche le fanno all’estero, i gioielli si possono acquistare anche in Svizzera, magari fabbricati in Italia e così (vai) via.
Intanto si discetta di Monti-bis, dimenticando che il senso di questa proposta, caldeggiata dai benpensanti che hanno sostituito i radical-chic, è la dichiarazione della immaturità politica del nostro popolo, che deve essere governato da pochi sapienti, che sarebbero capaci di far fallire una birreria nel deserto.
L’unica proposta coerente e consequenziale è la chiusura delle cabine elettorali. Almeno risparmieremmo le spese e le ruberie delle campagne per le elezioni.