Federico Focher è un biochimico molecolare del CNR di Pavia; quindi è uno scienziato della natura, che integra i suoi interessi professionali con quelli della storia della scienza, così superando rigide classificazioni derivabili da Wilhelm Dilthey. Un ponte tra scienze della natura e scienze dello spirito consente un reciproco arricchimento di contenuti e di metodo per entrambe e richiama le ricorrenti distinzioni tra ragione fine a se stessa e sua interazione con lo spirito. Con i dovuti distinguo consente un’interpretazione della scienza in chiave storica, come fanno, ma con eccessività hegeliana, i filosofi che identificano la storia della filosofia con la filosofia stessa.

Questa scelta lo ha già stimolato alla pubblicazione di un’analisi comparata tra Wallace e Darwin (L’uomo che gettò nel panico Darwin, Boringhieri, 2006).

Con lo stesso approccio, da storico della scienza, Focher pubblica ora Alexander von Humboldt. Schizzo biografico “dal vivo” (Ed. Il Prato, Padova), che ripercorre le tappe del grande naturalista e viaggiatore tedesco. Focher espone al lettore documenti fondamentali non solo per conoscere la biografia di von Humboldt, ma per porre pietre miliari nell’evoluzione delle scienze naturali. Il suo metodo storico è l’analisi del personaggio attraverso le tappe della sua ricerca, che va oltre la biografia, per la quale Focher sembra un interlocutore discreto, quasi un suggeritore dietro le quinte, ma, in realtà, interprete che conduce per mano il lettore, coinvolgendolo nella sua stessa emozione. Il suggeritore diventa regista, che, seppur rispettoso del testo, sa mettere in evidenza l’anima scientifica di Humboldt. Focher ha un fine recondito: porre il problema dell’amore per la natura e distinguere tra il sentimento che prova l’artista e in particolare il poeta, costruito sulla fantasia, e l’amore che prova lo scienziato, basato sulla curiosità spinta dalla passione. Due amori diversi, ma più drammatico il secondo, perché porta spesso a constatare quanto sia difficile realizzare l’intuizione che spinge ad approfondire la conoscenza della natura che ci circonda e verso la quale lo scienziato, pur consapevole e orgoglioso delle sue continue scoperte, deve provare un senso di umiltà per le delusioni, che spesso constata tra la spinta iniziale, sempre passionale, e gli obiettivi raggiunti. Si perviene così a valutazioni epistemologiche, passando attraverso la storia.

Focher è regista di quel dramma che è la scienza naturale, interamente matematizzabile solo per chi ignora che prima dello scienziato viene l’uomo con i suoi entusiasmi e le sue cadute, come nel caso di von Humboldt. Vale sempre la definizione di Albert Einstein dello scienziato: “ciò che resta di lui dopo che gli è stata tolta la sua scienza”. Se rimane l’uomo, allora, lo scienziato è grande.

 

Pietro Bonazza