ASSOCIAZIONE DOTTORI COMMERCIALISTI MILANO COMMISSIONE NORME DI COMPORTAMENTO E DI COMUNE INTERPRETAZIONE IN MATERIA TRIBUTARIA
NORMA DI COMPORTAMENTO N. 149
TRATTAMENTO AI FINI DELLE IMPOSTE DIRETTE DEL SOVRAPPREZZO DISTRIBUITO DA SOCIETÀ DI CAPITALI
(Massima)

LA DISTRIBUZIONE DELLA RISERVA DI SOVRAPREZZO, DA UNA SOCIETÀ DI CAPITALI A SOCI PERSONE FISICHE O ENTI NON COMMERCIALI, NON COSTITUISCE REDDITO TASSABILE IN CAPO AI PERCETTORI, ANCHE NEL CASO IN CUI ESSI RICEVANO SOMME O BENI DI VALORE SUPERIORE AL COSTO FISCALE DELLA PARTECIPAZIONE DETENUTA.

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(Motivazioni)
La distribuzione delle riserve di sovraprezzo azioni o quote attuata dalle società soggette all’Irpeg in favore dei propri soci determina, per questi ultimi, la riduzione del costo fiscalmente riconosciuto delle azioni o quote possedute, in quanto:
 se la partecipazione è detenuta da una persona fisica o da un ente non commerciale ed è estranea all’esercizio d’impresa, la riduzione si attua in base all’art. 44, comma 1, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917;
 se la partecipazione è detenuta nell’ambito dell’esercizio d’impresa la riduzione del costo si applica per effetto del rinvio al sopra citato art. 44, contenuto nell’art. 56, comma 2, del D.P.R. n. 917/86.
Quando le riserve di sovraprezzo vengono distribuite agli stessi soci che le avevano costituite nel patrimonio sociale, rispettando l’originario rapporto proporzionale, si verifica l’elisione di quella parte di costo corrispondente al sovraprezzo versato. Tale operazione assume una connotazione neutra solamente quando:
 le somme sono state versate o i beni sono stati apportati da tutti i soci a titolo di sovraprezzo in proporzione al valore nominale delle rispettive azioni o quote detenute;
 successivamente al versamento del sovraprezzo non sono state effettuate cessioni di azioni o quote.
Diversamente, quando si è in presenza di sovraprezzi versati in misura non proporzionale alla compagine sociale risultante all’atto della distribuzione della riserva di sovraprezzo, tale distribuzione riduce di pari importo il costo della partecipazione dei soci, ancorché tale riduzione non sia in corrispondenza al sovraprezzo a suo tempo versato.
In particolare può accadere che, in sede di aumento di capitale sottoscritto da nuovi soci per effetto di esclusione, rinuncia o cessione del diritto d’opzione, l’ammontare del sovraprezzo risulti versato, in denaro o in natura, solamente da questi ultimi.
Nel momento in cui la società procede alla successiva distribuzione della riserva di sovraprezzo, così originatasi, questa viene ripartita indistintamente tra tutti i soci e quindi ne beneficiano tanto quelli che, avendo aderito all’aumento di capitale, l’hanno direttamente originata, quanto coloro che non hanno partecipato attivamente all’operazione di sottoscrizione di detto aumento. Per questi ultimi, il sovrapprezzo versato dai nuovi soci o comunque dai soci aderenti, se correttamente valutato, non rappresenta di per sé un aumento di ricchezza, ma costituisce nella sostanza il ripristino correttivo necessario per mantenere il rapporto tra il capitale sociale e il patrimonio sociale effettivo quando il primo è inferiore al secondo che si rende necessario quando questo risulta maggiore del patrimonio netto contabile. Come si è detto, in base all’art. 44, comma 1, del D.P.R. n. 917/86, le somme ricevute dai soci non costituiscono utili, ma determinano una riduzione del costo della partecipazione che, in taluni casi ove non vi sia sufficiente capienza, potrebbe anche condurre ad un valore algebricamente negativo. Considerando l’intera compagine sociale, la completa distribuzione del sovraprezzo determina il perfetto annullamento dell’incremento di costo della partecipazione verificatosi all’atto del versamento del sovrapprezzo a suo tempo incrementatosi per effetto degli originari versamenti. In capo ai singoli soci la situazione può invece mutare gli effetti, tuttavia, non risultano sempre omogenei, poiché coloro che non hanno versato in tutto o in parte il sovraprezzo si vedono ridurre, fino alla sua capienza, l’entità del costo della partecipazione formatosi in altra maniera, mentre a quelli che più hanno contribuito al sovraprezzo permane una porzione di costo originata dal sovraprezzo stesso e non annullata.
Diverso trattamento e in maniera non del tutto coerente, viene invece previsto dal successivo comma 3 alle distribuzioni conseguenti al recesso, riduzione di capitale esuberante o liquidazione, da cui scaturiscono comunque redditi imponibili nella misura della differenza tra gli importi percepiti e il costo fiscale della partecipazione.
Trattandosi di persone fisiche ed enti non commerciali che operano al di fuori del reddito d’impresa, nell’ambito della cosiddetta tassazione sul “capital gain”, di cui all’articolo 81 del D.P.R. n. 917/86, non è prevista l’assoggettabilità ad imposizione diretta di questo valore negativo che si è creato. Mancano infatti, per poter dar luogo a materia imponibile, i presupposti impositivi previsti dallo stesso art. 81 del D.P.R. n. 917/86 e, in particolare, l’esistenza di una cessione a titolo oneroso di quote di partecipazione o di altre fattispecie che fanno scaturire plusvalenze tassabili quali la cessione del diritto d’opzione .
Anche le ipotesi reddituali contemplate dal comma 1 dell’art. 41 del D.P.R. n.917/86, alle lettere e) e h), non risultano applicabili, poiché riferite a proventi di natura diversa da quelli in esame.
Pertanto, qualora in seguito alla distribuzione della riserva di sovrapprezzo da una società di capitali, i soci persone fisiche o enti non commerciali ricevano somme o beni di valore superiore al costo fiscale della partecipazione detenuta, non emerge alcun reddito tassabile, ma si concretizza esclusivamente la riduzione, sino al completo azzeramento, del costo fiscalmente riconosciuto .