Mi piacerebbe che le elezioni politiche fossero indette per domani, ma un conto è l’auspicio ed altro è la concreta possibilità. La sinistra è ormai come una camicia rossa con una misera cacchetta di mosca bianca ed è sotto gli occhi di tutti il disastro economico, sociale e politico che sta combinando. Pertanto, data l’ovvietà, è inutile parlarne.

Valutiamo il polo opposto. Innanzi tutto non si capisce più chi lo compone. L’UDC di Casini persevera nel gioco caro alle correnti della defunta balena bianca e il marito di Azzurra è sempre meno azzurro, senza che si notino reazioni significative da parte degli altri colonnelli (per la verità è un partito di sergenti!). Alleanza Nazionale è alleata di giorno e disallineata di notte, perché Fini più che un chierico in borghese pare uno zombi doroteo o un discendente della schiatta dei trasformisti di Agostino Depretis. La Lega, sa condurre buone battaglie con presa sull’opinione di molti votanti anche non leghisti, soprattutto sul problema fiscale, ma questo è più merito delle sconsideratezze dei due ministri dell’economia, che un fatto propositivo e programmatico della Lega, la quale, peraltro, essendo all’opposizione sia interna al polo, a prescindere da conclamate fedeltà a parole, sia esterna verso la maggioranza di governo, sarebbe sterile in concreto. Alleati tutti pronti a porre la propria candidatura a leader del centro-destra, con o senza l’ipotesi di un Berlusconi alla presidenza della repubblica, i cui tempi, a prescindere dalla realizzabilità di un tale disegno, sono piuttosto lunghi rispetto all’età dell’aspirante e comunque indifferente al popolo e persino all’elettorato del Polo.

Resta Forza Italia, che fa capo a Berlusconi e non si è ancora capito se sia un partito, attuale o in itinere, oppure un movimento politico di tipo americano che si scioglie dopo le elezioni. Nella prima ipotesi non si può dire che sia un partito, anche se pullula di colonnelli organizzatori, programmatori, ispiratori e chi più ne ha ne metta, ma tutti pronti a occupare posti in uno sperato prossimo futuro favorevole o, nel caso contrario, disposti alla transumanza seguendo i tratturi della ondeggiante politica.

Per eliminazioni successive, il problema si concentra sulla figura di Berlusconi. Innanzi tutto si osserva che è incapace o impossibilitato a condurre una opposizione veramente britannica. Alle parole non seguono disegni organici e nemmeno comportamenti conseguenti. Il Cavaliere nella sua vita di imprenditore ha fatto una montagna di dané e al popolo non interessa nemmeno il come, visto che i componenti dell’attuale maggioranza al governo si sono persi in trame economico-bancarie e nella pratica di effettuare operazioni con vantaggi personali, come i tanto criticati avversari. Per il popolo, destra, sinistra e centro sono tutt’uno e questo spiega il successo di un comico come Grillo che catalizza l’attenzione di vere masse, pur limitandosi a tirate degne di Masaniello e dell’Uomo Qualunque. Non servono le pinzillacchere snobistiche di alcuni giornalisti, sia di destra sia di sinistra, sulla commedia grillesca, trattata con disprezzo o irrisione. La gente è stufa di bufale e qualsiasi manifestazione contro le prese in giro dei politici va bene e attrae. D’altra parte Grillo, che ha trascorsi non certo adamantini, non è un politico o capo di un movimento abituato alle passeggiate in Transatlantico tra una trama e l’altra.

Per il momento, ma non è detto che si fermi lì, è solo uno che sta cavalcando la protesta popolare e questo fatto dovrebbe insegnare al Berlusconi che quando si è all’opposizione non si deve attendere che sia il popolo a fare chiasso, ma bisogna precederlo con iniziative adeguate, perché solo così si può dimostrare di saperlo interpretare. Su questo piano la Lega ha assunto lo stesso comportamento operativo di Grillo, che è poi una delle regole fondamentali del buon calcio e cioè: giocare d’anticipo e non serrarsi in undici davanti alla porta con un catenaccio, che al massimo non è perdente, mai vincente. Lo slogan di Helenio Herrera era movimiento per la gloria dell’Inter e il divertimento di tutti i tifosi del calcio.

Berlusconi sembra dimenticare questa metafora sportiva e dalle ultime elezioni politiche, perse anche per incapacità a selezionarsi i compagni di viaggio, non ha fatto altro che:

continuare a lagnarsi di brogli elettorali vantando una vittoria ipotetica, che al massimo sarebbe stato un risicato pareggio anche per i voti dei cosiddetti italiani all’estero fanaticamente voluto dall’ “ultima raffica di Salò”, il cui acume politico è tutt’altro che una raffica, semmai uno schizzo di pistola ad acqua, che bagna innanzi tutto le braghe dell’infantile sparatore;

dolersi di mancati interventi del Presidente della Repubblica, di cui ben si conoscono le origini e il vincolo che ha con esse, peraltro su questioni dove la risposta politica e giuridica è scontata. È inutile scarpinare al Colle e non vale nemmeno come manifestazione o tranello politico;

piangere sulla pressione fiscale insostenibile, dimenticando i vantaggi che nel sistema sono riservati alle banche, le vere detentrici dei poteri forti;

vantare indagini demoscopiche sulla maggioranza, a lui sventolata come favorevole, del voto potenziale degli elettori. La gente si aspetta di vedere le conseguenze e quindi le verità con una spallata al governo e pensa, giustamente, che quella spallata alla fine il Polo in concreto non la vuole, per cui o sono panzane i dati demoscopici o la volontà politica di Berlusconi è attendista in previsione di qualcosa che rimane oscuro e difficile da interpretare;

lagnarsi dell’occupazione di tutti i posti da parte delle forze politiche di governo, ignorando la regola più o meno riconosciuta, ma sempre vera nella realtà di fatto che “chi vince si prende tutto”. Lasciamo stare le stigmatizzazioni che questo comportamento è lesivo della libertà e della democrazia, che, invece, proprio su tale principio della occupazione dei posti disponibili si regge, a maggior ragione in un paese come il nostro dove i politici sono tutti carrieristi e la occupazione dei posti a ogni cambio della maggioranza serve, se non altro, come ricambio della classe politica e soprattutto del sottobosco, dei portaborse e dei beneficiati di vario tipo;

polemizzare contro Fassino e D’Alema per la vicenda Consorte e poi dare l’appoggio alla sinistra per negare la richiesta al GIP Forleo di ottenere l’autorizzazione all’utilizzo delle intercettazioni telefoniche del 2005 e ciò in nome del garantismo, che in Italia funziona a senso unico. La gente si chiede: ma Berlusconi dove sta e con chi sta? Quali riserve mentali nascondono gli approcci o le benedizioni dei Circoli della Brambilla e l’acquisto dello stemma scudocrociato? Il dubbio è che non ci sia una vera strategia politica, ma si tratti di diversivi o finti bersagli per sparigliare le carte dei poco affidabili e instabili alleati, con l’effetto di scontentare tutti e stimolare reazioni inconsulte. Attendere l’implosione della sinistra sarà anche un’ipotesi, ma di scarsa realtà concreta, visto che il vantaggio del possesso delle poltrone ricompatta sempre anche i suoi finti critici interni.

Gli italiani hanno poca speranza nell’avvento del nuovo e finiscono per essere conservatori o menefreghisti per necessità. Per sperare nel nuovo bisogna avere elementi e prove concrete che lo rendano almeno possibile. Le esperienze recenti non danno affidamento agli italiani disposti per convinzione originaria o conversione successiva a credere al centro-destra di governo. Tra l’altro al di là della buona volontà, che si perde in chiacchiere, ci sono i problemi oggettivi del paese, solubili solo con una politica dura su tutti i fronti, ma nessuno sarebbe disposto a correre il rischio avendo contro quella minoranza del paese, ingrossata e irrobustita dall’attuale governo, disposta alla piazza e alle barricate pur di ottenere i propri scopi. Già le sue espressioni in Parlamento considerano che non hanno voti da perdere se fanno il gioco del ricatto al governo che li ha intruppati. I seguaci di Diliberto, quelli di Pecoraro Scanio e gli altri gruppuscoli politici hanno i voti garantiti di un elettorato stabile e barricadiero, che applica l’ideologia togliattiana del “tanto peggio, tanto meglio” e che il buon Giovannino Guareschi disegnava con tre narici. Tirano la corda dalla loro parte e stanno al governo per sfruttare ogni possibilità di ottenere vantaggi senza pagare alcun prezzo. Nel Polo le cose non sono e non sarebbero poi tanto diverse.

Che cosa servirebbe al paese per uscire da queste situazioni in cui dominano professionisti della politica: maschi privi di principi e femmine stortignaccole? Occorrerebbe prima di tutto una legge che impedisca il professionismo a vita dei politici. La politica dovrebbe essere servizio al paese e non a se stessi, se no diventa dittatura strisciante e oligarchia occulta. Le cariche pubbliche, parlamentari comprese, non dovrebbero essere di durata superiore a pochi anni, dopo di che entrino nuove leve e i precedenti si ritirino a coltivare l’orto, senza impartire spiritose lezioni di politica come fa ogni giorno un inossidabile ex Presidente della Repubblica. Perché mai la politica dovrebbe essere prerogativa solo dei politici di professione? Forse che altri non sarebbero in grado di fare lo stesso e forse meglio?

Ma chi avrebbe mai il coraggio e forse anche l’autolesionismo di proporre una simile legge e di mandare a casa molti amici? È evidente che i programmi verrebbero dopo e in buona parte anche da sé, ma almeno sarebbe riallacciato il rapporto tra mondo politico e società civile, che continua a degradare di male in peggio.

Berlusconi si rende conto che bisogna saltare il fosso e creare o accompagnare la crescita di un vero grande partito di centro-destra, che non sarebbe certo quello tanto auspicato da Fini, che sogna leadership personali impossibili? Non è sufficiente il merito di “sdoganiere” per ambire a tanto livello. Sarebbe megalomania allo stato puro!

Invece, occorrono uomini nuovi, non compromessi, non amanti del video e delle pagine dei giornali e delle interviste, di cui il popolo attento ha scoperto il ridicolo e incomincia a esserne saturo.

Berlusconi deve rendersi conto che anche i media sono sulla via della secolarizzazione, ma soprattutto deve dedicare qualche ora in meno alle barzellette e alle chitarrate e più a studiarsi il Principe di Machiavelli. Se no si ritiri dalla politica e ritorni a fare l’imprenditore, che è la professione che meglio gli riesce. Se qualcuno dirà che il paese sarà consegnato in mano alle sinistre, si potrà rispondere che è così anche adesso con una opposizione lagnosa. In politica i vuoti si riempiono presto e chissà che non sia anche una sferzata al paese. D’altra parte con i conteggi demoscopici e i sondaggi preventivi non si vincono le elezioni e molti si chiedono se, non sapendo chi scegliere, il giorno delle votazioni se ne andranno al mare, perché senza speranza la cabina elettorale non vale la coda in autostrada per un’ora di sole su riviere quasi irraggiungibili.

 

Pietro Bonazza