Componenti
Nicola Cavalluzzo (presidente), Elisa Aspesi, Mario Bono, Giulio Boselli, Paolo Centore, Nino Clerici, Cesare Gerla, Giuseppe Holzmiller, Silvio Necchi, Antonio Ortolani, Paolo Pensotti Bruni, Marco Peverelli, Marco Piazza, Stefano Poggi Longostrevi (segretario), Daniela Prandina,  Paolo Vayno
Esperti
Alberto Arrigoni, Giuseppe Bernoni, Pietro Bonazza, Salvatore D’Amora, Flavio Dezzani, Tommaso Di Tanno, Natale Ignazio Girolamo, Maurizio Leo, Ambrogio Picolli, Raffaele Rizzardi, Franco Roscini Vitali, Francesco Rossi Ragazzi, Enzo Russo, Francesco Tesauro, Giuseppe Verna, Andrea Zonca (presidente Adc Milano)

ASSOCIAZIONE DOTTORI COMMERCIALISTI MILANO
COMMISSIONE NORME DI COMPORTAMENTO
E DI COMUNE INTERPRETAZIONE IN MATERIA TRIBUTARIA

NORMA DI COMPORTAMENTO N. 160

RIDUZIONE DELLE PERDITE RIPORTATE NELLE OPERAZIONI DI FUSIONE PER INCAPIENZA DEL PATRIMONIO NETTO O PER PRECEDENTI SVALUTAZIONI DELLE PARTECIPAZIONI

MASSIMA
Nelle operazioni di fusione in cui, ai sensi dell’art. 172, comma 7, D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917, le perdite delle società partecipanti non risultano interamente riportabili per effetto dell’incapienza del patrimonio netto o dell’esistenza di precedenti svalutazioni delle partecipazioni, la riduzione delle perdite pregresse può essere imputata secondo il criterio liberamente scelto dal contribuente.

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Le operazioni di fusione comportano l’obbligo per la società risultante dalla fusione di verificare la riportabilità o meno delle perdite delle società che partecipano alla fusione stessa.
Per il riporto delle perdite devono essere verificati vari parametri previsti dall’art. 172 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917:

 il limite del patrimonio netto delle singole società, calcolato senza tener conto dei versamenti e conferimenti effettuati nei 24 mesi precedenti;
 le condizioni di “vitalità” delle società partecipanti alla fusione rappresentate dal limite dei ricavi e dei costi del personale;
 le svalutazioni delle azioni o quote della società la cui perdita è riportabile, effettuate ai fini della determinazione del reddito imponibile dalla società incorporante o da altra società partecipante alla fusione o dall’impresa che le ha ad essa cedute dopo l’esercizio al quale si riferisce la perdita e prima dell’atto di fusione.

In questo ultimo caso la riproposizione della medesima formulazione della norma , pur in vigenza di un regime che non consente più di effettuare svalutazioni delle partecipazioni con valenza fiscale, continua a determinare l’obbligo di monitorare le svalutazioni di partecipazioni fiscalmente dedotte negli esercizi precedenti e di tener conto delle stesse per la determinazione delle perdite riportabili.

Diversamente, l’ultimo periodo del comma 5 dell’art. 123 del D.P.R. n. 917/86  in vigore fino al 31 dicembre 2003 non è stato più riproposto nell’art. 172 dello stesso D.P.R. n. 917/86 in vigore dal 1° gennaio 2004, in quanto già implicitamente abrogato .

Pertanto sia l’eccedenza delle perdite pregresse rispetto al corrispondente patrimonio netto delle società partecipanti alla fusione sia l’ammontare delle svalutazioni operate in precedenza su azioni o quote della società la cui perdita è riportabile, possedute dalla società incorporante o da altra società partecipante alla fusione, devono essere computate a riduzione delle perdite riportabili.

Tali perdite, se non riportabili senza limite temporale, mantengono l’originaria stratificazione in base ai periodi di formazione ai fini della determinazione dei 5 periodi d’imposta in cui è consentito il riporto a nuovo (art. 84 del D.P.R. n. 917/86).

In mancanza di disposizioni normative rivolte a fissare un ordine cronologico di eliminazione delle perdite di cui non è più ammesso il riporto nell’incorporante o nel soggetto risultante dalla fusione, la scelta della modalità di diminuzione delle perdite riportabili è lasciata alla discrezione del contribuente, il quale, pertanto, al fine di conseguire l’effetto di maggior favore, può imputare la riduzione a partire dalle perdite più remote, fino al raggiungimento di quelle più recenti, oppure utilizzare con priorità quelle soggette a prescrizione quinquennale, in presenza di perdite che beneficiano della riportabilità illimitata nel tempo.

Va peraltro sottolineato come non sussista alcuna correlazione univoca tra la perdita fiscale della società controllata e la svalutazione operata dalla controllante, poichè non vi è corrispondenza, né in termini temporali né in termini quantitativi, tra le due entità. La svalutazione fiscalmente ammessa dalla previgente normativa  era determinabile in misura proporzionale alle diminuzioni patrimoniali risultanti dal confronto fra l’ultimo bilancio regolarmente approvato anteriormente alla data di acquisizione della partecipazione e l’ultimo bilancio approvato. Di conseguenza il riferimento ai dati civilistici fa sì che non si possa instaurare una corrispondenza tra l’esercizio in cui è stata svalutata la partecipazione e l’esercizio di formazione delle perdite fiscalmente riportabili in capo alla controllante (termine temporale) né tra l’importo della svalutazione, calcolato sul costo storico della partecipazione, e l’ammontare  della perdita fiscale della società partecipata (termine quantitativo).

Milano, aprile 2005