È improprio, forse persino scorretto, affermare che noi possiamo avere maestri. Persino i nostri genitori non riescono a essere nostri maestri. In realtà e diversamente dagli animali che apprendono dalla madre l’affinamento e le strategie per la sopravvivenza, l’uomo apprende solo dopo aver deciso di farlo. Persino l’infante che impara a dire no, prima di mamma. La luce non entra se non apriamo le imposte. È la nostra coscienza la porta attraverso la quale passa la decisione di apprendere. In altre parole: l’uomo non apprende per istinto, ma per volontà, per coscienza di volontà. Nessuno può presentarsi a noi come maestro, se non lo accettiamo con un atto di volontà, che è poi la manifestazione della nostra libertà: coscienza di volontà e volontà di coscienza, inoltre: libertà di volontà e volontà di libertà.
Perciò noi siamo in realtà gli unici maestri di noi stessi, perché la nostra volontà viene prima.
Anche Shopenhauer mi pare abbia detto qualcosa di simile con la sua teoria sulla “volontà di volontà” e anche Nietzsche, che esaltò la volontà fino al parossismo del “senza freno”.
Ma sto pensando qualcosa di diverso: alla “volontà di responsabilità”, senza la quale non c’è nemmeno la volontà di libertà. La volontà del “dovere” è il massimo della libertà, mentre la volontà dei diritti può essere in molti elsi solo arrogante pretesa. E Mazzini non c’entra.
Ma anche queste belle parole non hanno una validità assoluta, perché esiste qualcosa che vanifica tutte le volontà ed è l’amore, comunque lo si voglia intendere. L’amore è rinuncia di volontà, perché non si può nemmeno avere la volontà di amare. L’amore, dono o illusione che sia, è uno stato di cui si può avere coscienza, ma sta sopra la coscienza. Per questo è al tempo stesso fragile e invincibile, erratico e imprevedibile, divino e diabolico. In una parola: ineffabile. E non esiste la volontà dell’ineffabile.