Esistono almeno due tipi di menzogna: quella fatta agli altri e quella fatta a se stessi. Le premesse sono così diverse che sembra impossibile accomunarle, anche se portano lo stesso nome. In effetti, il principio di causalità ci rivela la diversità inconciliabile delle due categorie.
La menzogna agli altri è un inganno, di cui tra l’altro fanno largo uso gli storici e i politici, che consiste nella presentazione o rappresentazione di fatti diversi da quel che sono stati o sono. Lo scopo è carpire la buona fede del prossimo per un proprio interesse personale o del proprio gruppo sociale, ma per ottenere un buon risultato: far passare la menzogna per verità, occorre una certa rispettabile seppur malefica intelligenza.
La menzogna a se stessi, invece, trova origine in una massima stupidità, perché deve fare i conti con la propria coscienza e qui non si può barare, a meno di non averla, il che è contraddittorio, perché implica una menzogna inconsapevole, che non è più menzogna, ma una delle tante manifestazioni della demenzialità. Invece, l’autoinganno è sempre perdente e sterile di frutti e alla fine, come ombra di Banco, diventa peso insostenibile. La menzogna a se stessi, diversamente da quella fatta agli altri non è credibile per nessuno, tanto meno per l’autore, che ne conosce ogni costrutto e finalità. Muore sul nascere.
Talvolta mi sorge il dubbio che il tema delle pari opportunità, compresi i ministeri che ne portano il nome, siano solo invenzioni di furbacchioni o furbacchione della politica per catturare voti e consensi elettorali. Le opportunità non devono, non saranno mai, pari, perché l’uomo potrà anche essere o diventare un eroe come Ercole o Achille, ma non riuscirà mai a essere Antigone o Chiara d’Assisi o Teresa di Calcutta. Che se ne fanno le donne delle pari opportunità, se sono capaci di eroismi più eroici di quelli degli eroi? Hanno già vinto prima di combattere.
Pietro Bonazza
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