Dilaga l’uso di maggiorativi, superlativi e barbarismi nell’eloquio comune. Merito di giornalisti sempre in cerca di stupefazione e di una televisione sciatta e ciabattona. Non predilezione per l’iperbole o l’antìfrasi, che già sarebbero manifestazioni di intelligenza, ma puro bisogno di svuotare il cavo orale.
L’estremamente per una causa debole, il bellissima come saluto alla conoscente racchia, e così via, diventa il gergo dei parvenue di qualsiasi grado della borghesia, perché la stupidità non guarda in faccia a nessuno.
Quando la cassiera del supermercato cooperativo dice ochei alla casalinga che paga con la carta di credito, non è perché proviene dall’ufficio vendite di una multinazionale, ma perché ha assorbito troppe telenovele prodotte negli States e ha dimenticato di vivere nel: « bel paese là dove ‘l sì suona. ( Dante, Inferno, canto XXXIII, 80).
Non è la lingua dei padri che è finita sui marciapiedi, ma il cervello dei figli che sciopera a oltranza.