L’Eden non dovette essere un Paradiso Terrestre, ma un parcheggio in cui Adamo ed Eva si annoiavano non poco, al punto di tentare una nuova strada, quella della perdita dell’innocenza attraverso la scoperta e la conoscenza della differenza tra il bene e il male, che, peraltro, preesisteva. Gli angeli trasformati in demoni ben ne conoscevano l’abissale contrasto. Fin qui, più o meno si legge e si può interpretare nel libro della “Genesi” biblica: fatti resi noti dall’autore Mosè. Non fu una conquista, ma un passaggio obbligato, affinché l’uomo si costruisse una coscienza, attraverso la razionalità e il suo contrario: la sessualità, che è stimolata dalla irrazionale passione. D’altra parte non si può pensare che il Creatore avesse formato l’uomo perché rimanesse solo con la sua compagna per sempre in uno stato contemplativo e infantile. L’innocenza non poteva essere il suo eterno destino. E perché il Creatore avrebbe lasciato che gli altri esseri si moltiplicassero, dimenticando la sua creatura talmente prediletta da averla fatta a sua immagine?

Penso che il Creatore sapesse da sempre che l’uomo avrebbe preferito il travaglio della conoscenza dinamica alla staticità dell’innocenza, perché lo aveva creato destinandolo alla libertà, che è appunto la facoltà di scegliere tra il bene e il male. Ma Dio, che è la libertà assoluta, pur conoscendo la scelta dell’uomo, non intervenne a evitare il male che l’uomo avrebbe fatto a se stesso. Quel “facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza” ha un senso se lo si esprime con “facciamo l’uomo libero. A lui l’uso della libertà”. Si spiegherebbe così la promessa successiva al peccato originale di mandare un Salvatore, cioè il Figlio e attraverso Lui il Padre stesso. Il Creatore non abbandonò la prediletta creatura e così nacque la misericordia, che ha un senso solo se rivolta al fragile essere umano. Dio sapeva e amava e consentì (ma poteva non consentire?) il sacrificio della Croce e la Resurrezione, per trascinare nella stessa l’uomo reso libero dalla conoscenza, ma alla condizione che la scelta tra il bene e il male ricadesse sul primo.

Forse questa riflessione rende possibile interpretare, da un’angolatura diversa dalla tradizionale, l’affermazione dell’Evangelista Giovanni (cap. 8,32): «… conoscerete la verità e la verità vi farà liberi», che chiaramente implica che la libertà è conseguenza della verità, che, a sua volta, richiede la sua conoscenza.

Qui è il senso della libertà e, anche se le mani dell’uomo grondano del sangue del male, alla fine la speranza è nella vittoria del bene liberamente scelto, perché consegua il merito della sofferenza del suo compimento.