Non è vero che l’italiano è un popolo vecchio, è solo vaccinato. Più niente lo esalta, lo esaspera, lo appassiona. Della politica, poi, non parliamone, perché è terreno di caccia di arrivisti, falliti alla ricerca di una revanche solo economica. Se ne strafotte di tutto senza essere strafottente! Ha seppellito Dio, Patria e Famiglia nell’urna del Milite Ignoto e guarda ogni cosa con distacco non aristocratico, ma disincantato. Sta con lo Shakespeare del “tutto il mondo è teatro”, ma lascia i classici nelle tombe delle biblioteche e preferisce il “teatro dell’arte” dove si recita “a canovaccio”. Non ride… sorride di ogni cosa, soprattutto delle leggi. Così si salva!

Come non sorridere (amaro) della recente Legge 18 giugno 2009, n. 69, che ha un titolo (è obbligatorio, d’accordo, ma non mettiamola giù …dura) che sembra il Bollettino della Vittoria del mitico Armando Diaz: “Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile”. Leggendolo (il titolo, non il testo, che ha dimensioni da Enciclopedia Treccani) il povero cittadino, se dopo l’ultimo flop del processo societario non fosse scettico, sarebbe portato a concludere: adesso ci siamo, è la volta buona. Ma, l’illusione, semmai avesse l’imprudenza di far capolino, durerebbe poco.

Il nostro cittadino, assetato di giustizia, constatato che la Cassazione è straoberata di ricorsi e bisogna trovare il modo di sgravarla (perché non cominciare dall’ermellino che è una pelliccia pesante?), legge l’art. 47 delle “Disposizioni”, che inserisce un bis, dopo l’art. 360 del codice di procedura civile, che solennemente afferma: «Il ricorso è inammissibile: 1) quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa…».

Il nostro poveraccio si rattrista cercando di mettere in ordine alcuni spontanei pensieri:

1°) non è che l’art. 101, comma 7, della Costituzione che afferma che il giudice è soggetto solo alla legge e non ad altro giudice, è stato indirettamente aggirato, inducendolo a considerare, in sede di emissione della sentenza, che è opportuno fare una operazione di “copia e incolla” (gergo informatico, please!) dell’opera della Cassazione e così siamo tutti felici e contenti? Chi te lo fa fare, o buon vecchio giudice di Berlino a cercare strade nuove, spesso più giuste anche se divergenti della prassi Suprema? Già nel diritto societario è stato soppresso il “giudizio di omologazione giudiziario”! Ora togliamo anche ogni stimolo innovativo. Per fare una sentenza basterà mettere in un computer: la norma di legge, i fatti e gli atti del giudizio, il collegamento con la giurisprudenza della Cassazione. Poi pigiamo un tasto e la sentenza ti esce come la ricevuta della biglietteria automatica del casello autostradale: stampata in modo sintetico; tanto a te utente interessano solo gli euri (non è un errore, euro è un errore quando è > di 1!) da pagare;

2°) per stabilire che un ricorso contro la sentenza di secondo grado è “inammissibile” è necessario un giudizio preliminare e chi lo compie? Ci pensa il nuovo art. 360-bis c.p.c., che prevede una sezione filtro composta da cinque giudici provenienti dalle diverse articolazioni della Cassazione civile. Ma questo giudizio preliminare non può non implicare un esame approfondito e specialistico, specie in materia tributaria irta di difficoltà. Proviamo a ragionare in termini statistici: se quel giudizio preventivo (che non può essere sommario, quindi è impegnativo) scarta il 50% dei ricorsi, perché ritenuti inammissibili, il secondo 50% deve essere poi devoluto alla sezione tributaria di competenza. Quindi la semplificazione ci restituisce sempre il 100%! Si dirà: ma i ricorsi che hanno superato il vaglio preventivo (una specie di ammissione alle facoltà universitarie a numero chiuso!) sono già praticamente decisi! E qui sta il punto. Qui viene in mente il processo a Gesù: poiché tu Nazareno sei stato ritenuto colpevole dai sommi sacerdoti, io Pilato ti condanno a morte, perché non ti sei conformato alle leggi farisaiche!

3) Inoltre, chi conosce tutte le sentenze della Corte di Cassazione? Si dirà: gli avvocati, che hanno accesso al le sentenze della Corte? Ma se il sito non è aggiornato? Se la massima si discosta dal contenuto? Se la sentenza o le sentenze sono risalenti negli anni e non più rispondenti alla società che si evolve? Ma, se anche sono recenti, e sono contrastanti? L’art. 360-bis non richiama le Sezioni Unite! Quindi, qualsiasi sentenza della Corte di Cassazione è giudizio di riferimento. Sembra impossibile, ma stiamo regredendo al sistema anglosassone della common law! Anzi, peggio. Il nostro buon cittadino, ormai sa che il buon giudice di Berlino non sta a Roma, e nemmeno a Berlino, ma nei sobborghi della città prussiana e, allora, è colto da un dubbio: abolire tutti i gradi di giudizio, perché la giustizia si fa sotto l’albero secondo il diritto longobardo, noto anche come ius asininum.

Ci si è dimenticati persino dell’art. 111, comma 7, della Costituzione, secondo cui a nessuno può essere sottratto il diritto di adire la Corte di Cassazione.

Ora e conclusivamente: noi sappiamo che leggi le fa il Parlamento. Sappiamo anche che in Parlamento siedono più numerosi di tutti gli avvocati e i giuristi. Siedono (quando siedono!), votano pigiando un tasto, spesso quello sbagliato. L’Italia ha le leggi e i processi che si merita. È ben vero che l’italiano è un popolo litigioso fino alla morte, ma, se si vuol alleggerire la pressione di questo vizio, sono altre le strade da battere.

E il Ministro di Grazia e Giustizia? Di grazia, ministro, ogni tanto sposti i suoi occhioni dai suoi appunti sui lodi e consideri che le leggi fanno parte delle sue materie. I lodi in Italia fanno venire la tiroide angelina.