Che la mamma del cretino sia sempre incinta non significa che tutti i suoi figli siano cretini allo stesso grado: ce ne sono molti più cretini dei fratelli. Tutta questa prole ha almeno due caratteristiche significative: è equamente diffusa in tutte le categorie sociali secondo la legge dei grandi numeri, ciò che la rende accetta per spirito di fratellanza; inoltre: ha tra le poche, forse l’unica e callida, la capacità di spacciarsi per intelligente rivestendone i panni, quindi, di farsi accettare dagli intelligenti, che alla fine, si dimostrano figli della stessa madre.

Come può accadere un fenomeno così negativo? Perché i cretini, dediti alla sociologia e alla politica, hanno avuto la geniale originalità di creare un termine, che è poi uno slogan: “politically correct”. Un po’ come chi, stupidamente innamorato della natura, bevesse acqua inquinata per non farle torto rispetto a quella pura e poi muore di dissenteria. Questo spiega perché: omosessuali, no-global, popolo viola, che sono dodici gatti (quattro a testa!) siano così ben considerati dai media, da politici in cerca di voti, da borghesi  smidollati, da magistrati compiacenti, da governanti pavidi, da aristocratici decaduti e scaduti, da preti ignoranti e pauperisti che hanno dimenticato persino la parabola evangelica del Cristo che scaccia i mercanti dal tempio, ove i mercanti sono un simbolo di tutte le categorie che coartano la giustizia.

Il guaio è che il cretinismo è una malattia contagiosa e per sfuggirla è necessario esiliarsi, come nei tragici periodi della peste, quando i benestanti sfollavano in campagna, illudendosi di sottrarsi al rischio del morbo cittadino, che dilagava soprattutto a causa delle condizioni igieniche della vita degli abitanti dei nuclei sovraffollati. Un po’ come gli sfollati dei tempi di guerra, quando i nemici bombardavano le città, non le case di campagna.

Il problema fondamentale è che, in questo clima di lassismo soprattutto morale, i cretini, che, pur in numero considerevole, sono minoranza, pretendono di contare più della maggioranza, in odio alla fondamentale delle regole democratiche, che la maggioranza decide, seppur temporaneamente in attesa di una prossima consultazione elettorale.