Tito Livio ricorda che “Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur” (mentre a Roma si discute, Sagunto viene espugnata). In questi giorni preelettorali nei salotti televisivi sta accadendo qualcosa del genere e gli assedianti sono i candidati, che, insultandosi, promettono e minacciano, non affrontando i problemi veri. Intanto Sangunto (le PMI) brucia nelle aule dei tribunali fallimentari e penali. Si continua giustamente a colpevolizzare la politica, ma la causa è nell’economia, che è stata lasciata in pasto a famelici politici e loro protetti, pronti a ogni tradimento pur di conservare la poltrona, che è una maschera per la loro superficialità.

Intanto i tedeschi fanno i loro porci comodi: camuffando i buchi delle loro banche traballanti; vendendo  con il loro marchio pessimi prodotti fatti in Cina; rifilando con etichette italiane tortellini di carne equina prodotti nelle loro officine meccaniche.

Il problema non è più nemmeno italiano, ma nelle commissioni e nei centri di potere europei, dove noi non contiamo nulla, perché la loro sede vera è Berlino. Monti docet!

L’unica voce chiara e responsabile è dell’italiano Mario Draghi, che sta pilotando una manovra economico-monetaria al limite delle possibilità: invitare a ridurre la pressione fiscale; agevolare i mercati con politiche monetarie flessibili e inevitabilmente espansioniste; premere perché i risanamenti dei bilanci delle spese statali e dei debiti pubblici proseguano con serietà. La BCE non può fare strategie, ma almeno tenta le tattiche e i suggerimenti tattici non sono contraddittori come sembra, perché sono realizzabili, se gli strateghi della politica si decidono ad agire con serietà e onestà.

In questi giorni dominano exit poll più o meno adulterati per influenzare l’elettorato più incerto, ma che cosa uscirà dalla cabina elettorale è di difficile previsione. Si può solo sperare che la maggioranza degli italiani si risponda a poche domande: quanto dei suggerimenti di Draghi sono negli impegni dei leader? Quali le concrete e realistiche promesse di una politica economica non recessiva? Quali impegni per riforme strutturali e costituzionali, che assicurino un concreto governo della cosa pubblica? Il resto sono solo chiacchiere e l’impegno deve essere di lasciare i tecnici nelle loro officine e gli economisti nelle accademie. Fanno solo guai e ne abbiamo le prove nei negativi dati statistici dell’export, della disoccupazione, della produzione industriale e nel grado di fiducia di operatori e consumatori.

Quanto agli economisti al governo hanno dimostrato di non conoscere nemmeno l’economia teorica, che li dovrebbe illuminare! Infatti, non c’è bisogno di consultare i sacri testi di Keynes o di Friedman, perché è questione di buon senso ricordarsi che, varcando il punto critico, strozzando i produttori, lavoratori compresi, con imposte iugulatorie, si finisce per ridurre il gettito e invece di abbassare il debito pubblico lo si aumenta.

Elettore: ricorda Sagunto, non le chiacchiere di Roma.