Socrate, Gesù Cristo, Gandhi, Martin Luther King: predicatori della non violenza e vittime della violenza. Cristo, poi, predicatore dell’amore e della religione dell’umanità e vittima dell’odio, in nome di una religione gestita da leviti fondamentalisti in veste di giudici! Il mondo non tollera la non violenza, non vuole amore, vuole sangue. È la legge di Caino, che ammazza Abele, e di Romolo che uccide Remo. Il diritto è nato così: dal bisogno di giustificare il delitto. Non è un caso che Socrate e Cristo abbiano anche subito un processo “regolare”, cioè conforme alle “regole” della violenza, che non sopporta il suo contrario. Non è un caso che Roma, nata da un fratricidio, sia stata la culla del diritto. A nulla è valsa l’invenzione del “diritto naturale”, per far tacere la cattiva coscienza o per accontentare gli utopisti, comunque da lasciare al catechismo della Chiesa e non ai digesti. Esiste solo il “diritto positivo”, quello di cui si ha “diritto” di chiederne il rispetto con l’uso della forza. Eppure, nonostante una nascita così poco nobile, che certo disturba i sostenitori dell’origine da “ius”, derivato da Jovis, genitivo di Juppiter, e una vita storicamente così poco esaltante, il “diritto”, anche quello meno buono, è meglio del “non-diritto” ed è il minore dei mali. A peggiorare le cose ci pensano coloro che sono chiamati ad amministrarlo: in tocco e toga, con chepì o abito talare, i cui guasti non superano certo quelli dei legislatori, dei medici, dei commercialisti, dei banchieri e compagnia. Ma non c’è niente da fare contro l’ineluttabile e, forse, ha ragione Kant a scrivere che “dal legno storto dell’umanità non si può costruire nulla di perfettamente diritto” e questo, per dirla con un verso sublime di Ugo Foscolo: “finché il sol risplenderà su le sciagure umane”.