Non so se François-René de Chateaubriand conoscesse Virgilio. Però, il fatto non è importante. I poeti, spesso, si frequentano anche senza conoscersi, perché figli della stessa Musa.
Chateaubriand chiude la storia di Atala così descrivendo l’emigrazione di una tribù di selvaggi americani, che sembra una fuga: « I giovani guerrieri aprivano la marcia e le spose la chiudevano: i primi erano carichi delle sante reliquie [le ossa dei propri morti]; le altre portavano i loro nati: i vecchi procedevano con lentezza nel mezzo, piazzati tra i ricordi e le speranze, tra la patria perduta e la patria  futura. Oh! quante lacrime vengono versate, quando si abbandona così la terra natale, quando dall’alto della collina dell’esilio si scorge per l’ultima volta il tetto sotto il quale si ebbe il nutrimento, e il fiume della capanna che continua tristemente a scorrere attraverso i solitari campi della patria ».
Se con Virgilio, nel Libro II dell’Eneide, ricordiamo la descrizione della fuga di Enea da Troia in fiamme con in spalle il vecchio padre Anchise che regge “i sacri arredi e i patrii Penati”, il figlioletto Iulo tenuto con la mano destra, notiamo un parallelo non casuale. Certo! La commozione che ci dà Virgilio è più intensa, forse perché l’eroe troiano, guerriero impavido eppur prudente, deciso eppur umile al volere degli dei, sposo premuroso e dolente, figlio e padre con il senso religioso della propria stirpe, ci è più familiare. Forse, perché Virgilio – e Dante, cantore della religione cristiana, così riteneva – è veramente il più grande poeta della pietas dell’antichità o, addirittura, il ponte tra la religiosità antica e la cristiana. Si pensi al verso: «…et sublato montis genitore petivi » (e levato il padre sulle spalle mi diressi verso i monti), alla fine del Libro II dell’Eneide, che ci richiama alla preghiera di Ettore, che, prima della battaglia con Aiace Telamonio, leva in alto verso “Giove pietoso” il figlio Astianatte e recita una delle più grandi preghiere dell’umanità, che Omero canta nel verso più bello dell’Iliade (Libro VI, 158): «dica talun: “ non fu si’ forte il padre”».
Però, anche se il poeta latino rispetto al francese è sublime e universale, l’asse Virgilio-Chateaubriand merita rilievo.
Non la patria ci fa grandi. Noi abbiamo il dovere di fare grande la patria… anche pregando.

Pietro Bonazza