Fine della democrazia

 

Amo il mio popolo, così onesto, politicamente intelligente, responsabile, pronto al sacrificio di un “fine settimana” al mare in un sabato uggioso, pur di non perdere un pomeriggio allo stadio. Non so cosa non darei per il suo bene! Non è vero! Lo so! Non darei niente. Già pensa a me sin troppo lo sceriffo di Nottingham, insediato al l’EUR.

Mi sembra che Nozick nel tentativo di dimostrare la genesi dello stato, in realtà finisca per dimostrare la nascita della democrazia, che è solo una delle forme di stato. Infatti, l’ ”agenzia” di Nozick implica già la preesistenza dello stato. Quanto poi alla condizione che lo stato si distingue per il monopolio della forza si veda Carl Schmitt autore di una teoria del “decisionismo” e dell’amico-nemico, che in alcuni risvolti può collegarsi al “monopolio della forza”, nel senso che può decidere solo chi ha la potestà di imporre le decisioni, che poi sia da riportare allo stato oppure ad altro soggetto, è distinzione di secondo livello. Senza monopolio della forza non esiste nemmeno il decisionismo, ma una dialettica in cui più forze si possono contrapporre e questo si vorrebbe far coincidere con lo spirito di democrazia, ignorando che alla fine una forza deve comunque prevalere pena la caduta in uno stato confusionario o di stallo delle decisioni o addirittura di anarchia. Per la precisione Carl Schmitt ha definito “il monopolio della decisione”, mentre il “monopolio dell’uso legittimo della forza” è analizzato da Max Weber, ma i due concetti si integrano e completano. La teoria del monopolio della forza è richiamata anche da Alf Ross. È anche interessante richiamare la teoria fondamentale di Thomas Hobbes secondo cui, per evitare il peggio, si giustifica il Leviatano, con la conclusione che auctoritas [nel senso di potestas] non veritas facit legem.

Inoltre, è fondata e condivisibile la tesi che l’unico stato giustificabile sia lo “stato minimo”, ma è improponibile, perché in uno stato democratico di tipo occidentale, in cui le masse si sono emancipate e hanno assunto il potere in via indiretta per effetto del voto e del consenso, queste masse, che hanno invaso e diluito la borghesia, pretendono dallo stato sempre più servizi e la gamma di questi supera di molto l’elenco delle funzioni dello “stato minimo”.

Alla fine che cosa resta? Accontentarsi della democrazia attuale con tutte le sue contraddizioni? Una pseudo-democrazia dominata dall’equivoco del politically correct? Basta dire: ci penseranno i nostri figli? La democrazia del domani la costruiamo noi oggi e la lasciamo in eredità assieme al debito pubblico, che abbiamo contratto con la nostra idea di democrazia.